Per una svolta concreta servono nuove idee e coraggio

di Edoardo Barra

Che ci fosse un “tantino” di confusione nella gestione della crisi da covid19 è apparso evidente sin dai primi DPCM di contiana memoria. Che questo potesse essere anche considerato “normale” vista la mancanza di un Piano Pandemico aggiornato accompagnato da circostanze più o meno imprevedibili può anche essere un concetto plausibile. Che le invenzioni successive, dai banchi a rotelle alle Primule, fossero una sorta di trovate estemporanee pure l’abbiamo digerito, ma che a distanza di un anno ci trovassimo ancora nella situazione attuale, beh questo obiettivamente qualche problema tra la gente e nelle persone lo crea.

La crisi è planetaria, non vi è un solo posto al mondo dove il problema sia superato, eppure questo non appare un alibi convincente di fronte ai dilemmi che un anno di crisi ci ha messo di fronte e, soprattutto, per i risvolti che si stanno materializzando in un crescendo da paura. Ci riferiamo soprattutto a due aspetti, quello legato alla gestione sanitaria e quello connesso alla produttività del Paese.

Il primo ha evidenziato enormi carenze strutturali di cui ancora non abbiamo scoperto il fondo. La medicina di base è stata travolta dall’emergenza, i baluardi di frontiera, i medici di famiglia, sono stati colti del tutto impreparati, senza il minimo di supporto, lasciati alla propria capacità di gestione senza alcuna azione armonica e coordinata di supporto. Un elemento di gravità assoluta che ha subito messo in crisi il sistema ospedaliero e che, a distanza di un anno, ancora non si riesce a mettere a punto. La questione legata ai vaccini ne è una riprova.

La parte economica e produttiva del Paese è, nella migliore delle prospettive, in ginocchio. Le saracinesche che si chiudono insieme alle migliaia di piccole e media imprese che si arrendono sono un qualcosa di tanto dirompente che definirne i risvolti sociali oggi è un esercizio praticamente impossibile. Parlare di ristori e di sostegni, così come sono stati e sono previsti è una sorta di tentativo di svuotare il mare con un bicchiere. Non di più!

Due piccoli cenni che danno l’idea di come, al momento, anche questo governo sta proseguendo in un percorso che al Paese – quello vero non quello immaginato – non concede neanche la speranza di sperare. Basta guardare alla messa in pratica delle zone per comprendere il concetto.

Un paio di esempi. Ristoranti chiusi? Bene e poi si riscontrano persone per strada magari fermi in un posto a consumare! Non sarebbe più ovvio, nel settore ristorazione, vietare il consumo fuori dai tavoli così come, ad esempio, fatto nelle Canarie? In questo modo si avrebbero strutture aperte, consumo controllato e, soprattutto, la garanzia del distanziamento e degli elementi necessari per la sicurezza.

E ai medici di famiglia, quel famoso “primo baluardo”, non sarebbe il caso di offrire loro tutto il supporto possibile con indicazioni precise, materiali sufficienti e un serio coordinamento locale per definire azioni comuni?

La scuola? Si chiudono uffici, si precludono attività, si bloccano enti per mantenere distanze e sicurezza e poi una ventina di persone in una stanza di pochi metri quadri (moltiplicati per altre decine di simili situazioni in un istituto) non comportano rischi o pericoli. Lo si vada a spiegare a quelle persone che si sono viste proiettate nelle grinfie del covid perché portato a casa da un innocente ragazzino. Ma questo pare sia valutato come un rischio più che accettabile considerati i danni che gli alunni possono avere a star distanti dalla didattica in presenza! Certo, l’insegnamento in presenza è un bene assoluto e non credo esista un solo docente che non la preferisca alla DAD, ma è presenza (o didattica corretta) quella di obbligare piccoli della primaria a star seduti, fermi, con mascherine al volto senza poter sfiorare un amico di classe o una maestra o dar sfogo anche solo ad un normale pianto a quell’età? È questa la scuola che manca?

E allora, forse è il caso che coloro ai quali è delegato il compito di condurre il Paese fuori dalle sabbie mobili del virus abbiano il coraggio di affacciarsi alla finestra e guardare il mondo com’è e non come si immagina sia. E accanto al coraggio servono nuove idee.

Qualcuno invoca una sorta di nuovo Piano Marshall per risollevare la nazione, ecco, nella sua complessità, questa è un’idea valida a patto però che non si guardino solo i grandi numeri fatti di milioni di euro, ma si abbia coscienza soprattutto di quelli piccoli piccoli che servono costantemente a una famiglia per tirare avanti.

Solo entrando in quest’ottica d’idee, con un concreto e crudo realismo forse si comincerà a ragionare sul serio dando le risposte necessarie affinché si veda po’ di luce in fondo al tunnel. Se non si è in grado di far questo per i tanti equilibri da mantenere che ingessano i processi decisionali, allora si abbia l’ardire di dare la parola agli elettori e far scegliere alla gente la linea da seguire. Sembra anacronistico, ma non vi sono alternative.

da Orizzonte39.it

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