Al neo-ministro Patrizio Bianchi la scuola chiede concretezza, non libro dei sogni

di Salvatore Salerno

Al Prof. Patrizio Bianchi la scuola chiede concretezza, non libro dei sogni e scuola commissariata dall’Università o dalla fondazione Agnelli.

Signor Ministro, dimentichi la scuola dell’autonomia di Luigi Berlinguer, non tenga conto delle fondazione Agnelli e Trelle, guardi ai problemi reali della scuola statale intermedia, quella che va dall’infanzia al diploma di maturità. Quella che ha l’obbligo di rivolgersi a otto milioni di bambini e ragazzi, a più di un milione di docenti fra quelli di ruolo e almeno un terzo di quelli pret à porter al bisogno, già adulti e preparati con tanto di laurea specialistica e tutto il resto, un loro bagaglio di decenni di servizio, concorsi o no, con molti anni o qualche anno di esperienza senza demerito fra i precari, titoli culturali e formazione in servizio, crediti universitari imposti, studi privati e pubbliche virtù in abbondanza, ai neolaureati ai quali va data anche una prospettiva.

Se non si riconosce alla figura del docente italiano tutto questo, senza distinzioni, allora non si permetta a nessuno che entri a scuola neanche un solo giorno per insegnare. Cosa che invece è avvenuta e avviene. Se invece queste caratteristiche ci sono, fino a prova contraria, dia loro dignità e opportunità di ruolo senza fronzoli. Dia dignità a tutti i docenti, ai più giovani e a quelli più anziani, anche questi ultimi sotto tiro. Un concorso serio, come Lei stesso ha scritto, ha bisogno di molto tempo senza rischiare di perdersi nelle prove preselettive, nei quiz di logica, nelle commissioni e sottocommissioni, della prova passata per fortuna, per fortuna procurata o nella provvidenza amica o nemica.

Se anche Lei vede tutti i problemi della scuola nel pregiudizio della impreparazione dei suoi insegnanti, facile bersaglio e colpevoli di tutto agli occhi dell’opinione pubblica, se anche il nuovo Ministro giudica che non basta la laurea, non bastano neanche i 24 cfu, non basta quella abilitazione (che in tutto il mondo è servizio prestato senza demerito, un portato naturale del percorso universitario o breve periodo di formazione iniziale), non basta l’anno di prova nel suo lavoro, cosa vuole fare di questi professionisti?

Vuole farne quadri d’impresa, cultori di risorse umane, profili di vecchi e nuovi docenti in continua formazione di tipo aziendale fino a quando la Fornero ha negato loro di godersi il meritato riposo, valutazioni di performance, retrocessioni o promozioni di carriera? E quei poveri ragazzi che arrivano alla maturità sempre sotto il tiro obbligato delle competenze solo matematiche, tecniche e tecnologiche? Non devono fare un percorso libero, che riguarda la scelta del loro futuro, anche lavorativo, secondo passione, tendenze, talento, o non servono più se non fanno un corso professionale o scelgono materie umanistiche all’Università? Com’è che le maggiori intelligenze nella vita in media provengono dal liceo classico?

Anche Lei, probabilmente, ha fatto un percorso scolastico fino alla maturità, poi economia e oggi rivolge i suoi studi alla scuola, non sono esattamente settori contigui.

Non lo sono in nessun Paese al mondo e in Europa se non dopo i 16 o 18 anni, non lo sono stati nella storia della cultura e nella scuola italiana fino al XXI secolo. L’unica tema di scuola e lavoro. Dov’è il lavoro per i giovani in Italia? Se tutto questo è nella testa di Patrizio Bianchi, cioè una teoria che piace alla Confindustria e alle sue fondazioni, dove il docente deve essere schiavizzato e lavorare di più, deve essere abituato fin dal suo primo giorno in cattedra a insegnare secondo quegli uffici studi e frequentare addirittura le aziende almeno un anno, se lo devono fare anche gli studenti (gratis gli uni e gli altri), devono fare tirocinio presso le stesse aziende e formarsi o piuttosto deformarsi bene secondo il verbo del padrone, bene, parliamone, discettiamo e perdiamo tempo. In precedenza ci hanno già abituati a parlare del nulla cosmico e nulla di fatto.

Rimodulazioni e tempo scuola vanno sempre considerati con il numero degli insegnanti sostenibili e rivolti a tutto il territorio nazionale, più tempo scuola o tempo pieno non può essere fatto dallo stesso insegnante, non è possibile e andrebbe pagato il doppio chi pensa di poterlo fare, diamo allora altro lavoro e stipendio a centinaia di migliaia di giovani ma sappiamo che non succederà nulla di tutto questo a breve. Non ci siamo con quello che Le attribuiscono secondo l’approccio del suo pensiero da studioso accademico, economista e non pedagogista con attenzione alla scuola intermedia, non ci siamo per una collezione di motivi che per non tediare riassumiamo: 1) Patrizio Bianchi è il Ministro tecnico dell’Istruzione pro-tempore con un mandato breve e limitato come il governo del quale fa parte; 2) Il Ministro deve occuparsi di pandemia e del suo settore fino a nuovo governo o nuove elezioni, 3) non ha alcun mandato che la storia gli ha assegnato per rivoluzionare un mondo scolastico secondo il suo pensiero accademico e la visione spesso lontana e presuntuosa dell’Università verso coloro che stanno più in basso; 4) è chiamato ad assicurare, come la precedente Ministra che non ha adempiuto per l’anno in corso, a far partire con regolarità l’anno scolastico 2021/2022. E basta.

Fino a fine mandato quando le elezioni politiche saranno indispensabili nel 2022.

Per fare questo ci vogliono tre cose: 1) tutti gli insegnanti in cattedra non nelle aziende o straimpegnati nella formazione in contemporanea e, se questa si impone, deve essere pagata, non da precari ma con la dignità del ruolo, non solo quelli dell’organico di diritto ma quelli che servono per l’organico di fatto, cioè dai 120.000 ai 200.000 in più; 2) ci vogliono spazi adeguati e numeri molto più bassi di alunni per classe (comunque, a prescindere dalla pandemia e a maggior ragione perché c’è e ci sarà ancora la pandemia); 3) ci vuole il controllo sanitario di prossimità della medicina territoriale o dentro le stessa scuola, in entrata e in uscita, oltre che un mondo intorno efficiente e studiato scuola per scuola, piccolo Comune o grande città metropolitana sui mezzi che conducono a scuola dalla propria abitazione e viceversa.

Questo è il minimo che serve per arrivare, fra sei mesi, ripetiamo fra sei mesi, ad avere la scuola pronta al bisogno.

Ai docenti precari e di ruolo cosa serve? Almeno due cose: 1) recupero di dignità e considerazione sociale per il lavoro svolto perché nessuna scuola nella norma è stata mai chiusa in Italia tranne che la domenica e i festivi, forse è stato chiuso l’edificio scolastico, si è smesso di fare per brevi e limitati periodi di grave pericolo sanitario, soprattutto alle superiori, la scuola in presenza, non è mai mancata la vicinanza dei docenti con alunni e studenti, non è mai mancata la Didattica a Distanza, non serve recupero per tutti e per quella minoranza, magari oggi più accentuata per la loro situazione soggettiva familiare o di mancanza di device, recupero che si è sempre fatto con misere risorse aggiuntive, se serve per alcuni si faccia fino a fine giugno o settembre e si paghino i docenti che lo faranno, si paghino anche i precari che hanno un contratto fino all’8 o al 10 giugno. Non c’è stato programma e tempo perso, è un’offesa per i docenti che hanno lavorato più di prima, non di meno.

La politica smetta di mentire e lo faccia anche stampa e tv; 2) la giusta remunerazione del lavoro qualificato della funzione docente in questo Paese che non c’è e di cui non si parla mai negli uffici studi e nei luoghi deputati a controllare e decidere dove vanno i soldi e quindi il contratto di lavoro scaduto da 26 mesi e gli stipendi fermi da almeno dodici anni, per tutti, non per chi, non volendo aprire i cordoni della borsa, si inventa il “merito” per dare mancette a qualcuno e meno ai più. C’è da premiare le ore di straordinario, il lavoro supplementare di qualche docente che se la sente? Bene, si paghino le ore in più effettive, documentate e verificate come utili. Non si possono premiare i docenti che trascurano il loro lavoro principale e sono bravi nello staff, nei corridoi, nel fare progetti e fotocopie, stare in prima fila nel collegio dei docenti. Non può essere la giustificazione per lasciare tutti gli altri dove stanno adesso dal punto di vista economico. Questa è concretezza e temi terrestri dei quali non si può prescindere, il resto è fuffa, strumentale, distrattore, nella scuola e fuori dalla scuola, per far parlare di scuola chi di scuola non ne sa niente se non da qualche chat di genitori o per sentito dire.

Il nuovo Ministro, se risponde a questi bisogni immediati, avrà già fatto tanto, sarà stato un buon Ministro. Per la discussione accademica c’è tempo e nessun Ministro può fare da solo, non lo può fare senza l’ascolto e il confronto con i docenti, i sindacati e le associazioni che li rappresentano, non lo può fare con le sole organizzazioni dei dirigenti scolastici e con i burocrati ministeriali. Non lo può fare secondo la filosofia della 107 renziana in pieno e disastroso sviluppo, con quelli che l’hanno scritta, voluta e perseguita nel panorama politico malgrado altre promesse. Non lo può fare con i seminari universitari degli uomini e donne illuminati che non sono mai andati in una classe e starci almeno una settimana. Se si dovrà fare la grande riforma ci vogliono più anni di quanti comunque Lei, senza offesa, ha davanti come Ministro. Magari merita o avrà meritato un ruolo più alto o di uguale prestigio ma, per il momento, il suo mandato è a termine e finalizzato secondo l’incarico che il Presidente della Repubblica ha conferito a Draghi e al suo governo, al massimo fino al nuovo Parlamento.

Ripartiremo tutti da quel momento.

*Immagine tratta dal web

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