Vauro ha ragione, purtroppo però dobbiamo ancora insistere sul Mes: la revisione sulla quale il Parlamento voterà mercoledì prossimo non è un aggiustamento tecnico di secondo ordine. E’ un cambiamento sostanziale del quadro regolativo con profondi effetti finanziari e di finanza pubblica, quindi sui diritti fondamentali di cittadinanza sociale e democratica.
Il Mes è un trattato internazionale e la sua revisione è scelta di politica estera, come sottolinea il Ministro Amendola. Le scelte fondamentali di politica estera, in un sistema democratico, sono scelte che dovrebbero cercare la più ampia condivisione possibile, tendenzialmente dovrebbero essere scelte bipartisan. Invece, nel passaggio sul Mes, non soltanto si assume una posizione radicalmente divisiva tra maggioranza e minoranza in parlamento, ma si punta a spianare le divergenze dentro la maggioranza con un voto di fatto di fiducia sul Governo Conte.
Attenzione: sui nodi decisivi per il futuro della nazione, le forzature politiche determinate da una minoranza autoproclamatesi illuminata, possono avere successo congiunturale, ma non portano molto lontano e, in genere, sono un boomerang. Non è necessario andare tanto indietro nella storia. E’ sufficiente fermarsi al Governo Monti.
Data l’impossibilità di un confronto di merito, inibito con la scomunica di ideologiche e incompetenti delle voci fuori dal coro, si consideri almeno la dimensione democratica e politica. Una strada diversa e largamente condivisa esiste: introdurre nel testo vigente del Mes l’avvio del common backstop e chiedere il rinvio delle revisioni sul debito pubblico per riesaminarle nella Conferenza sul futuro dell’Ue, alla luce del cambio di fase storica imposto dal Covid.
Tra anti-europeismo e europeismo subalterno, potremmo incominciare a praticare un ‘europeismo adulto’, per un usare un aggettivo efficacemente speso dal Presidente Prodi in riferimento a un’altra religione.
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