Cibi raffinati preconfezionati e salute

di Cristina Piloto

Da molto tempo siamo ormai abituati a vedere nei ripiani dei supermercati alimenti conservati, inscatolati, essiccati e sempre più ricchi in zuccheri; ma quando è cominciato questo fenomeno e perché? Verso la fine del XIX secolo la seconda rivoluzione agricola favorì un incremento della produttività. La tecnologia spinse sempre più verso cibi raffinati, in quanto meglio conservabili. Lo sviluppo e l’espansione delle vie di comunicazione e delle capacità di trasporto crearono un mercato a carattere mondiale. La centralizzazione dei macelli facilitò il commercio della carne.
Nacque l’industria delle conserve alimentari, delle carni conservate, della lavorazione del latte, della pasta alimentare.

Le modifiche dell’alimentazione furono repentine dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. Finì l’epoca delle carestie e iniziò quella dell’abbondanza.
Malgrado l’apparente benessere e la quantità elevata di cibi a disposizione, ormai molto più accessibili a quasi tutte le classi sociali, il processo di industrializzazione causò l’insorgere di importanti problemi nutrizionali. Si perse il senso della stagionalità e si cominciò a mangiare secondo ciò che la pubblicità proponeva e non secondo la qualità dei cibi. Gli alimenti divennero sempre più ricchi in zucchero e poveri in nutrienti.
Dopo il 1950, una crescita economica molto sostenuta favorì un aumento senza precedenti di reddito e capacità di acquisto e nacquero ovunque, sul modello americano, i fast food.
Questi cambiamenti, ai quali il corpo non è riuscito ad adattarsi, associati ad un consumo eccessivo di cibo rispetto alle necessità, hanno portato a un aumento delle patologie cronico-degenerative, in modo particolare l’obesità con tutte le complicanze, le malattie cardiovascolari, il diabete e molti tumori.
Tutto ciò sembra essere un paradosso, eppure i popoli della terra fin dall’antichità hanno sempre saputo ad esempio che i cereali, con i legumi e qualche volta altri semi, sono l’alimento base dell’uomo. Nelle Americhe ancora oggi i poveri mangiano tortillas e fagioli neri; in Nord Africa semola di grano (il cuscus) e ceci; nell’Africa subsahariana miglio e arachidi; in Oriente riso e soia; e anche da noi riso e lenticchie o pasta e fagioli. I cereali, infatti, perché consumati nella loro integralità, associati ai legumi e a una certa quota di semi oleaginosi e di verdure, e in qualche occasione a cibi di origine animale, offrono infatti una perfetta combinazione alimentare. In pratica forniscono sia la giusta quantità di carboidrati, per garantirci una costante disponibilità di energia, sia le proteine complete di tutti gli amminoacidi indispensabili per il ricambio delle strutture cellulari e per mantenere sani i nostri muscoli.
Questa alimentazione, inoltre, ci assicura anche grassi di buona qualità e gli altri nutrienti necessari a far funzionare i complessi sistemi biochimici che controllano l’equilibrio dell’organismo. Così come fornisce un buon apporto di quelle fibre che per noi sono indigeribili, però nutrono migliaia di miliardi di microorganismi che nel nostro intestino producono vitamine e altre sostanze indispensabili alla nostra salute e garantiscono il buon funzionamento di quest’ organo.
Nei paesi occidentali, soprattutto nel corso dell’ultimo secolo, lo stile alimentare si è via via discostato da questo schema tradizionale. Sono stati privilegiati i prodotti animali (carni e latticini) che un tempo erano mangiati solo saltuariamente, nonché alimenti che non erano neanche conosciuti, come quelli ottenibili solo con le tecnologie moderne (per esempio lo zucchero bianco e le farine raffinate), quelli estratti con mezzi chimici dai semi o dai frutti oleaginosi (gli oli raffinati) o addirittura quelli che non esistevano in natura (come i grassi idrogenati, le margarine che troviamo in parecchi prodotti confezionati a lunga conservazione, specialmente dolci).
Quando la fame e la povertà mietevano tante vittime non si stava certo meglio, ma purtroppo non si è imparato a sfruttare la ricchezza per portare beneficio alla salute e per soddisfare, con la varietà alimentare che ci offre la natura, tanto le nostre necessità fisiologiche e nutrizionali quanto il piacere della buona tavola.

L’obiettivo deve essere invece quello di recuperare ciò che contraddistingue maggiormente un’alimentazione sana: alta qualità, grande varietà, stagionalità, moderata quantità e semplicità.
*Immagine tratta dal web

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