Educazione sentimentale

DI ORNELLA SUCCO

L’educazione sentimentale è qualcosa che alla mia generazione ha fatto alquanto difetto.

Noi adolescenti negli anni a cavallo tra il 1968 e il 1970, ubriacati di libertà sconosciute alle generazioni precedenti, protesi ad affermare i nostri sogni e i nostri ideali in campo politico e sociale, dedicavamo pochissimo tempo alla conoscenza dei meccanismi che muovono i sentimenti degli esseri umani, come pure a quella complessa alchimia che prende il nome di amore.

Così, quando penso al tanto celebrato “primo amore” mi rendo conto di non averlo praticamente avuto. Tutto quel che ho avuto, in prima superiore, è stato un innamoramento unilaterale: C. era uno dei pochi ragazzi che frequentavano l’istituto magistrale, attirò la mia attenzione perché era simpatico e belloccio e aveva un cappotto blu di taglio militare molto simile ad un incrocio tra le giacche da marinaio dei Beatles e le divise nordiste di altri gruppi musicali per i quali andavo pazza.

Avvicinarlo non era stata una cosa semplice, nella nostra scuola agli inizi del ’69 vigeva ancora una ferrea divisione tra le sezioni femminili e l’unica sezione maschile, le cui classi erano relegate nel corridoio della presidenza e separate dalle aule destinate alle ragazze da una vistosa striscia gialla incollata sul pavimento.

Inutile dire che appena scoppiarono i moti studenteschi del 1969 una delle prime conquiste ottenute dagli studenti fu la rimozione di quella striscia e la conseguente autorizzazione per gli allievi di sesso maschile a circolare liberamente nell’istituto.

L’altra concessione riguardava la possibilità di utilizzare i locali della scuola nel pomeriggio per svolgere attività alternative come la realizzazione di un giornalino scolastico o la messa in scena di piccoli spettacoli teatrali (malamente) autoprodotti.

Offrendomi di lavorare alla stesura del giornalino riuscii ad avvicinarmi all’oggetto dei miei sogni sentimentali, parlammo insieme per due o tre volte e finalmente, un venerdì pomeriggio, lui mi chiese che tram avrei preso per andare a casa.

Mentre il cuore andava velocemente in tachicardia e la mia faccia andava a fuoco cercai disperatamente di contenere l’emozione; non potevo credere alle mie orecchie quando lui si offrì di accompagnarmi alla fermata della linea 3 e il breve tragitto tra la scuola e la palina del tram rappresenta l’emozione più intensa di quel mio “primo amore”.

Il seguito è una breve storia triste: ci raggiunse una mia compagna di classe, bella, elegante, spigliata. Scambiò con noi poche frasi di circostanza, si informò sul tragitto che avrei dovuto compiere in tram per ritornare a casa e poi, con assoluta nonchalance, si rivolse a lui dicendo: “Io abito qua dietro, a due isolati dalla scuola, perché non mi accompagni?”

Fu qui che la mia prima storia d’amore subì un brusco arresto e, anche se la loro non durò moltissimo, io iniziai il mio percorso di apprendimento pratico memorizzando il primo concetto base: i sentimenti inespressi vengono facilmente sopraffatti dalle azioni.

Immagine tratta dal web

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità