Educhiamo ad un ascolto che venga ascoltato

DI PINA COLITTA

 

Per chiunque l’ascolto è fondamentale in quanto garantisce relazioni sane e costruttive ma soprattutto garantisce uno stile di vita equilibrato, proprio in un atteggiamento resiliente.

L’ascolto è importante e lo diventa soprattutto per chi vive un momento di crisi nella necessità di adeguarsi al cambiamento che nei nostri giorni è frequente; per questo motivo è necessario imparare a comunicare nella società di oggi, ma dove non c’è ascolto non c’è comunicazione, fondamentale per acquisire forza d’animo.

La crisi nell’ascolto, dunque, nasce già da quando si è piccoli per cui è facile comprendere perché il divario tra il mondo degli adulti e quello dei piccoli può essere enorme in quanta manca la pratica della comunicazione, che garantisce rapporti sani, intervenendo anche nella spiegazione della paura di fronte ad un evento negativo o delle difficoltà a relazionare quando il carattere introverso e timido lo impedisce.

A tal proposito risulterebbe necessaria una preparazione adeguata da parte degli addetti, in una delle agenzie formative più importanti per la crescita di un individuo, ossia la scuola.

In tal senso educare prima i docenti alla comunicazione potrebbe garantire ai medesimi di evitare di confondere quella che è la paura di relazionarsi da parte di un alunno con una mancanza di volontà nel dialogo didattico-educativo.

La capacità di stabilire comunicazioni vive e rapporti sani è uno dei presupposti fondamentali per modificare e migliorare il rapporto che ogni individuo deve avere con le proprie attitudini, acquisendo consapevolezza dei propri limiti, nell’accettazione di essi.

Spesso nella persona stanca, demotivata questa consapevolezza è assente e porta a non elaborare dentro di sé la nozione di libertà e di responsabilità per poter far nascere o sviluppare la capacità di operare le scelte, di decidere in piena autonomia, nel rispetto degli impegni presi.

Ciò consente di aumentare le proprie potenzialità nel rispetto delle scelte prese, facendolo diventare un elemento potenziale di cambiamento.

Questo passaggio spesso non avviene nella persona insicura, timorosa e rigida di fronte alle avversità; sicuramente questa persona non ha avuto la capacità di crescere e di sperimentarsi nelle difficoltà.

Allevare un figlio significa permettergli non solo di esistere, ma anche di porsi come soggetto. Grazie a ciò quel figlio può essere un soggetto attivo e competente capace di districarsi nel suo esistere e di essere resiliente.

Sarebbe bello tra le possibili discipline o possibili progetti, presenti nel percorso formativo scolastico inserire “l’educazione alla comunicazione e, come già detto in altre occasione “l’educazione all’affettività” e “l’educazione alla gentilezza” …

Tutte formative nella sfera emozionale che convergono appunto nello sviluppo di un’adeguata capacità di comunicare.

Si continuano a fare progetti formativi, spesso inutili, si propongono approfondimenti di una disciplina che non viene già seguita nelle basilari nozioni curriculari; si permette ad una docenza invecchiata e stanca di riproporre percorsi formativi, fuori dall’esercizio di docenza, percorsi che hanno spesso come obiettivo sia sollevare il docente curriculare dalle sue ore di lezione grazie alla compresenza, sia di alleviare la pena nel docente “specialista” non più in servizio, per il suo “distacco” dal nido/scuola.

Tutti gli attori di questo progetto spesso incuranti del distacco che invece vive un ragazzo dal suo mondo emozionale. Il primo progetto formativo da proporre ad un gruppo classe, sia nelle ore curriculari, sia in quelle aggiuntive e progettuali, dovrebbe essere quello di educarlo alla sfera emozionale e renderlo pronto ala consapevole comunicazione anche emotiva.

Chi si impegna in un intervento di educazione alla comunicazione, si impegna nel guidare un discente alla stima di sé stesso e dovrà essere in grado di prevedere con una certa sicurezza la durata, ma anche rifiuti ed esigenze nella garanzia di aiuto e sostegno, rigore e limiti.

Garantire la possibilità di esprimersi meglio, come protagonista, cogliendo, attraverso un’indagine, quale possibilità ha un discente di mettere fuori la propria forza di volontà nel fronteggiare un impegno, questo è un vero e grande progetto, non certamente proporre altre nozioni ed informazioni che mai potrebbero attecchire dove non c’è l’abitudine all’ascolto, ascoltato!

Il nozionismo spesso presente in un contesto limita il dialogo didattico educativo, che per essere tale, cioè dialogo presupporrebbe la conoscenza, la natura del compito proposto valido per tutto il gruppo classe, le abilità necessarie per portare a termine il compito.

Le caratteristiche personali di ogni alunno per affrontare il compito nel modo più efficace possibile, il supporto sociale dietro quell’alunno e, perché no, la storia personale di esperienze passate, felicemente superate oppure no, sono fondamentali in qualsiasi progetto formativo.

Questa ricerca alla base di qualsiasi progetto formativo, al di fuori delle ore curriculari, certamente si, potrebbe avere una valenza formativa aggiuntiva e di supporto, perché un dato è certo, sia le esperienze passate sia quelle più recenti possono influenzare il comportamento creando barriere psicologiche.

Un padre licenziato, la perdita di un familiare, la malattia sono situazioni che fanno perdere la rotta e fronteggiare le situazioni di disagio per chi è stato colpito maggiormente dagli eventi è un’impresa impossibile.

E allora forse un progetto di comunicazione emozionale potrebbe sicuramente creare condizioni di maggiore ascolto ed alleggerimento dello stress accumulato, ma non certamente nozioni che si aggiungo a quelle già schivate normalmente.

Un docente, con il supporto di figure professionali adeguate, potrebbe lavorare su questo concetto importante: non tutti gli stress sono indesiderabili o devono essere evitati.

Affrontando le difficoltà si diventa più resistenti e si apprende come reagire in maniera più efficace, meno dispendiosa dal punto di vista delle energie psichiche messe in campo anche in ambito scolastico.

Uno stress esistenziale varia a seconda dello stato di salute di un individuo, del suo livello di adattamento che lo stesso ha nel proprio ambiente di vita, delle soddisfazioni che può ricevere in ambiti diversi e anche dello stato economico n cui vive: povertà e miseria tendono ad aumentare il livello di vulnerabilità di un individuo, così come delle famiglie e della comunità.

Ad esempio un ragazzo di 12 anni potrà superare più facilmente un insuccesso scolastico e anche accettare di impegnarsi maggiormente nelle materie a lui poco gradite se in qualche ambito della sua vita ottiene successi, con i compagni, gli hobby
o lo sport.

E’ proprio la soddisfazione in altri campi il carburante necessario a mantenere un buon livello di ottimismo e di autostima che, a loro volta, sono importanti produttori di energia vitale.

E allora entra in gioco il progetto scolastico che garantisca altri ambiti emozionali per promuovere l’ascolto attivo ed empatico proprio in coloro nei quali l’ascolto nelle discipline di indirizzo, è stato mandato in letargo.

“A tutto cuore
Guardiamoli negli occhi i nostri ragazzi, i nostri figli, scopriamo quali sono i loro dubbi, le difficoltà, le incertezze. Proviamo a rassicurarli, a coltivare in loro il senso del futuro, i germogli della speranza, della serenità e della felicità. Educhiamoli alla luce e non al buio! Educhiamoli alla vita e non alla morte. “

Dal libro”Ciao professore, io sono Christian. quello bocciato!
Di Saverio Fanigliulo

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