Esistono ferite, nella vita, che non rimargineranno

DI GIOVANNA MULAS

Esistono ferite, nella vita, che non rimargineranno. Il tempo potrà ammansirle, vestirle di una nuova prospettiva di saggezza e serenità ma mai queste ferite potranno cicatrizzare del tutto. Vuoi perché sono troppo profonde o vuoi perché, oramai, fanno parte di noi, e solo con noi scompariranno.
E ogni volta che una donna, una Sorella, muore o piange per mano di un amore malato, la mia ferita grida ancora, e griderà tutta la vita, lo so. A volte vorrei che smettesse, qualche volta io stessa ho voluto smettere. Ma il richiamo del mio mare è sempre stato più forte e maledetto, istintuale. La vita mi ha chiamato quando pensavo di non avere più nulla da darle o risponderle,

e forse è anche per questo che io, oggi, sono qui a raccontarlo.
Curioso che, ad oggi, si debba rimarcare che a una donna la libertà spetta di diritto, per nascita.
‘Lughe de Chelu’ è una storia come tante, e per raccontarla volo indietro nel tempo, al 2001, in un’apparentemente tranquilla piccola città di provincia, la mia Nuoro: una richiesta di divorzio dall’uomo che era mio marito, tre tentativi di omicidio dei quali l’ultimo, per strangolamento ed accoltellamento, avvenuto davanti agli occhi dei nostri quattro figli, allora tutti minori…i nostri agnelli. Sospesa tra la vita e la morte, il limbo. Di quei giorni ‘non miei’ porto, voglio portare, il ricordo nebuloso, incerto.
Quindi gli infiniti perché, il pozzo profondo della depressione ed il buio, la crisi artistica:
perché ero viva, perché io, perché a me, perché i figli avevano dovuto assistere a tutto questo, perché lui aveva tentato il suicidio, perché lui a me, proprio a me, dove avevo sbagliato, come e ancora perché…e lui, che fino al giorno prima aveva ripetuto di amarmi alla follia. Ecco, questa è probabilmente la parola magica: follia, ma non rappresenta IL Tutto; sarebbe riduttivo parlare solo di follia, e offensivo nei confronti di quelle sorelle che, per mano di un amore malato hanno perso e perdono la vita, il sorriso, la speranza…donne che, in ogni modo, si sono perse dentro, non sempre riuscendo a ritrovarsi. ‘Lughe de Chelu’ è il diario di un viaggio, il mio, ma che è anche quello di Marina, Anna, Sarah, di…e di… . Troppi nomi Amici miei, e croci. Viaggio nell’ipocrisia e nei tristi, malsani pregiudizi di donne nei confronti di altre donne: noi che dovremmo essere sorelle e unite di quella forza che la Natura già ci dona semplicemente perché donne, creatrici, mestruate sempre, portatrici partorienti di energia, Lune, maree. Viaggio in una chiesa misogina, potere al servizio del potere, in uno Stato che tenta di curare la donna vittima di violenza ma, paradossalmente, lo fa senza intaccare la radice della violenza, senza punire severamente chi la attua.
Anni fa, dopo un mio reading a tema violenza contro la donna, al momento delle domande dal pubblico un tizio sollevò la mano per chiedere parola. Un uomo sulla sessantina, più o meno, in giacca e cravatta.
Ricordo che sorrisi a quel gesto da scolaro impacciato.
–Perché il suo compagno ha cercato di ammazzarla?…Voglio dire…lei voleva lasciarlo…lui l’amava troppo –
‘Non dire altro, è meglio.’ avevo pensato infastidita
-Non c’è un perché nella violenza-, avevo risposto
e l’altro, agitandosi sulla sedia: -Insomma…se è accaduto…ci sarà un perché, DEVE esserci un perché-.
Rammento che dal mio tavolo troppo accademico avevo sbuffato, e continuando a sorridere pensando a quell’ imbecille (uno dei tanti) pronto a cercare un perché nell’orrore, avevo chiuso l’argomento bofonchiando un rude
-Dare un perché alla violenza significa, in un modo o nell’altro, giustificarla-.
Avevo troncato da maleducata, saccente, da femmina e madre ferita, rabbiosa col mondo per un perché che io stessa, per anni, avevo continuato a chiedermi.
Mea Culpa.
Ora, si domandi il perché ai bambini che hanno assistito all’assassinio della madre ancora giovane e bella, tacciata come ‘puttana’ dalla zona perché, eterna colpa, ha osato separarsi dal marito; ha osato LEI, chiedere il divorzio.
Mea Culpa.
Si chieda ai familiari, agli amici, ai vicini di casa che, intervistati dalla giornalista arguta di turno hanno risposto, sull’assassino: -mah, sembrava un tipo così tranquillo. Lei la vedevamo spesso triste, trascurata, gli occhi bassi…lividi? Non mi pare…o forse si. Ma chi mai avrebbe pensato che…-
Mea Culpa.
Chi mai avrebbe pensato che.
Se un perché esiste, forse, sta nascosto negli occhi chiusi di una donna, una delle tante senza medaglia, da Eterno Riposo. O di quell’altra, proprio quella che ti vedi passare accanto, magari ogni mattina all’uscita dal panettiere Gino, e lei non ti guarda e tu pensi Ma questa chi si crede di essere per passarmi accanto senza salutare.
Lei, forse, da un lettino di obitorio domani ci dirà che il suo perché era nascosto nell’aver troppo creduto nell’ amore.
Amo raccontare le Favole. C’ era una volta una piccola donna di una piccola cittadina di provincia. I vicini non ne ricordano il nome, ma non importa. La conoscevano bene perché sostenevano convinti che avesse una bella famiglia: in chiesa tutte le domeniche e a comprare il pane alla Forneria Mattei tutti i giorni oh, ma appena i cinque minuti per vederlo imbustato perché poi correva in casa. Sicuramente una casa tranquilla, visto che voleva starci sempre chiusa. La Piccola Donna aveva dei bambini meravigliosi ed un marito tranquillo si, tranquillo: salutava sempre tutti, o quasi, con Buongiorno e Buonasera. Uno che non creava problemi, non come quei delinquenti che bazzicano giù alla metro, a imbrattare muri con graffiti anticlericali.
Lei la ricordano tranquilla, una che non richiamava l’attenzione, che non dava problemi. Buona eh! Per carità. Una piccola donna tutta casa e chiesa.
Un giorno la Piccola Donna s’innamorò della vita. S’innamorò davvero, credetemi. Crebbe dentro e lo fece in silenzio per non disturbare, come quei semi che germogliano al buio, in un piattino, in un piccolo spazio e solo acqua basta loro per crescere…che miracolo quel germoglio, quella crescita al buio! E crescono così tanto e con così tante foglie
-troppe e tutte assieme- che, Icaro, vorrebbero raggiungere il sole in un istante, a costo di bruciarsi le ali. E’ il prezzo della libertà, dopotutto. Quel piattino a loro non può più bastare;
è la natura che dice al seme “germoglia, è il tuo momento”. Ed è la natura che impone al seme di cercare il suo sole per continuare a vivere, non sopravvivere in un piattino.
La piccola Donna non più Piccola si vide diversa. Si vide come in realtà era sempre stata ma tutti, stranamente o caparbiamente, ne avevano sempre rimandato un’immagine diversa; un’altra immagine: la piccola donna era diventata la donna che gli altri volevano e a che agli altri faceva comodo. Dunque la Piccola Donna chiese il divorzio a quel compagno che sentiva parte di una vita non più sua.
La mattina dopo i vicini di casa seppero dai giornali che la signora…”quella tranquilla si, di cui non ricordo mai il nome… quella sempre a testa bassa, si”,
la Piccola Signora tranquilla era stata uccisa dal marito a coltellate.
In casa, pare in cucina, mentre il minestrone ribolliva e il tagliere stava sul lavandino ancora coi pomodori a pezzetti, e qualche spicchio d’aglio. Davanti alla tv che trasmetteva a volume troppo alto Un Posto al Sole, davanti agli occhi dei figli, uno col bavaglino sporco di pappa alla banana e l’influenza di stagione.
“Ventinove coltellate!”, urlava il trafiletto del piccolo quotidiano della piccola e tranquilla cittadina di provincia.
Oh! Non ci posso credere signora mia! Lui?! Uno così tranquillo! L’avrà provocato…qualcosa avrà fatto per meritarsi 29 coltellate. Queste cose ad una buona signora non accadono.
E se pure l’avesse tradito, avrebbe dovuto farlo in silenzio, sciocca!…Occhio non vede, cuore non duole. Oggi sarebbe stata ancora viva, col marito accanto e l’amante ad aspettarla in macchina ogni sabato pomeriggio.
I tradimenti? Ah, signora mia…queste sono cose che si fanno in silenzio: nessuno deve sapere o sentire, ma accadono da sempre. La libertà è un’idea che ficcano in testa alle donne insicure le associazioni femministe e quei sinistri perditempo, ciondolando in strada a scioperare contro Dio sa cosa.
Sa che sul nuovo Diva ho trovato quella ricetta sugli involtini ripieni ai carciofi?
Chissà cosa ci dirà Padre Rossini di quella donna lì…si, quella uccisa.
A domani signora e cari, cari saluti in famiglia.
E’ la natura che dice al seme germoglia, è il tuo momento. Ed è la legge della natura che impone al seme di cercare il suo sole, per continuare a vivere, non sopravvivere in un piattino.
E chi sono o rappresentano un altro uomo o un’altra donna per impedire il germoglio anche a un solo seme?
La violenza si nutre di omertà, di mala cultura, di informazione perversa, di Non legge. Denunciamo la violenza: oggi, domani e sempre. Rispettiamoci, insegnamo ai nostri figli la Non violenza.
E che finalmente, in questa Italia da emergenza femminicidio si faccia una vera Legge,
giustizia vera contro la violenza.

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