Giugno è il mese decisivo per la scuola di domani e dopodomani. Un enorme problema politico di scelta economica e finanziaria

di Salvatore Salerno

Se non si comincia a parlarne seriamente è meglio pensare alle ferie.
Convergenze importanti fra la responsabile nazionale precari della Cgil, il Sen. Pittoni (Lega), il Sen. Verducci del PD, l’on. Fassina di Leu. Ma Sinopoli, segretario nazionale flc cgil, afferma che del testo degli articoli 58 e 59 del decreto sostegni bis, non ne era a conoscenza neanche il Ministro Istruzione Prof. Bianchi, sarebbe stato l’autore un tecnico del Ministero dell’Economia.

Se così fosse ci troveremmo di fronte ad una gravissima violazione del nostro sistema istituzionale e democratico. Il decreto è del Consiglio dei Ministri e quindi Bianchi, che è Ministro, lo ha approvato e firmato. Lo stesso potrebbe dirsi del “patto per la scuola” il cui testo ambiguo, senza numeri e tempi, pieno di condizioni, tanto da renderlo vuoto, è stato probabilmente scritto da un tecnico occulto del Ministero Istruzione.
In quel “patto” la parola più ricorrente è “formazione” (sono tutti impreparati docenti e ata). Incredibile offesa gratuita a chi tiene in piedi la scuola e nessuno si scandalizza. Del confronto flc-cgil, Pittoni, Verducci e Fassina emerge il dato più interessante ad opera dell’insospettabile Fassina, invitato spero non a caso, che è membro della commissione bilancio della Camera e che ha posto la questione dei soldi, di quanti ne mette lo Stato alla risoluzione del precariato e degli organici. Onestamente Fassina ha ammesso che non è particolarmente preparato sui problemi della scuola e noi questo lo sapevamo, si è messo comunque a disposizione secondo le sue competenze da economista. Non sapeva probabilmente che il suo intervento dissimulava il non detto da tutti gli altri, i cosiddetti addetti ai lavori della scuola martoriata.
Nel dibattito di quell’incontro, così come avviene regolarmente nei social, nella comunicazione della politica e del sindacato, questo aspetto dei soldi è quasi incidentale ed è invece il fulcro del problema e di ogni scelta. Invano lo scriviamo da sempre. Quanti soldi in più comporta la stabilizzazione, quanti per diminuire le classi pollaio, fare investimenti sugli edifici, pagare di più i docenti e ata etc.? 
Se non si parla di cifre e soldi è come parlare del nulla, magari rendersi conto che i pas o la mobilità non costerebbero quasi nulla e promettere la stabilizzazione di tutti i precari in modo serio e graduale con capitoli di bilancio triennale, promettere naturalmente con legge e stanziamenti necessari. Ma questi insegnanti devono essere puniti, la formazione è l’arma di tutti e la più bella comunicazione contro che si può fare, sono loro i colpevoli di ogni male e quindi niente pas e niente mobilità. 
Promettere, nero su bianco, sul dato certo che nella scuola ci vogliono almeno 300.000 nuovi posti di ruolo considerati gli ultimi e prossimi pensionamenti per i quali non si copre neanche il turn over. Ma quello sarebbe un discorso serio e responsabile, non è cosa italiana e non serve a far propaganda elettorale o tessere sindacali. Le commissioni cultura, che sono quelle che dovranno emendare il decreto sostegni bis, sappiamo da chi sono composte e della vacuità dei loro discorsi. Il problema va posto sul punto vero degli stanziamenti che non sono diversi da quelli della Gelmini e Monti, lacrime e sangue.
Dopo 12 anni e 8 Ministri che si sono succeduti di diverso colore, la storia è sempre quella.
Ritornano solo per la scuola pubblica gli spettri del pareggio di bilancio, degli uffici parlamentari di bilancio, della Ragioneria di Stato. Sembra solo per la scuola o a cominciare dalla scuola. E’ evidente che ci troviamo di fronte a un quadro politico mediocre e gruppi dirigenti sindacali inadeguati, il governo tecnico fa quello che ci si aspetta, la politica del risparmio, il lavoro sporco e occulto dei tecnici che suggeriscono e sono suggeriti dai veri padroni della scuola. Sono noti (Confindustria, fondazione Agnelli, treelle con tutta la catena dei giornali e tv di proprietà). E non solo della scuola.
Chi ha a cuore la scuola pubblica cerchi di esserci nelle manifestazioni del 9 giugno e in quella autogestita dei precari del 15 giugno, in tutte e due, senza contrapposizioni.
Sarebbe un buon segno per riprendere l’attenzione vera su di una scuola italiana alla deriva.

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