“I naviganti accorati”

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Il fermo imposto alla Mare Jonio, con multa fino a 10mila euro più il fermo amministrativo, notificati al comandante e all’armatore della nave, lo scorso 22, 23 Marzo, hanno dato vita a reazioni di condanna o di giustificazione a quanto successo nelle nostre acque. Sotto accusa gli operatori della Ong Mediterranea , per “avere istigato la fuga dei migranti” che hanno scelto di sottrarsi alla guardia libica.

Denny Castiglione, capomissione della Missione 16 di Mediterranea ha narrato che “Le persone venivano frustate davanti ai nostri occhi, per questo si sono gettate in acqua. Non abbiamo invitato nessuno a gettarsi in acqua, abbiamo fatto solo quello che ci impone il diritto” . Questo è il preambolo per fare qualche riflessione sul tema della vita o della morte in mare, quando si tratta di persone, non di oggetti, ma di persone che forse, in nome della ragion di stato, vengono considerate “sottospecie vivente” .

Proprio ieri, sentendo la rubrica su Radio 1 “Prima pagina- Filo diretto con gli ascoltatori- (questa settimana i giornali sono letti e commentati dal giornalista Luca Mastrantonio, del Corriere della sera), è intervenuto Il signor Marco Francesco Morosini. Subito ho pensato che il nome di questo signore fosse legato in qualche modo al mare; infatti il nome dell’intervenuto alla trasmissione radiofonica mi ha riportato alla mente il doge veneziano dell’XVII secolo Francesco Morosini oltre al fatto che a Venezia è famosa la scuola navale militare Francesco Morosini.

E’ una scuola secondaria di secondo grado che offre una preparazione pre-universitaria dove i ragazzi degli ultimi tre anni di Liceo classico e scientifico possono entrare previo superamento di una selezione, mediante concorso. Ma di cosa ha voluto parlare Marco Francesco Morosini? Ebbene le sue parole avevano lo scopo di condurre l’ascoltatore alla riflessione su cosa succeda ai migranti dai paesi da cui scappano e su cosa succede dai paesi a cui arrivano. Soprattutto ha sottolineato il fatto di come ci si debba comportare in mare di fronte a migranti in pericolo di vita.

E quello che ha riferito è una verità così lampante ai nostri occhi da non potere essere ignorata. “Sul mare la legge è assoluta: si salva sempre! Chiunque; si salva anche il nemico, come fece Todaro, Salvatore Todaro, pensi il nome! Che salvò durante la 2 guerra mondiale, i nemici che lui aveva affondato col cannone. Sull’acqua non c’è discussione, si salva sempre! Il capo della Guardia costiera italiana disse tempo fa ”Noi abbiamo sempre salvato, sempre salviamo, sempre salveremo”. E poi, continua dicendo: “Il rispetto della vita nel mare è assoluto!

Per questo principio, noi naviganti accorati, una decina, di cui alcuni sono grandi navigatori, grandi atleti del mare delle regate oceaniche, altri sono dei militari o ex militari, altri pescatori professionali, insieme ci siamo chiamati “I naviganti accorati”. Pensiamo, allora, all’atto istintivo di persone, tra cui diversi minori non accompagnati, che hanno subito l’attacco di colpi di arma da fuoco dei libici. Mediterranea ha fatto la scelta giusta, raccogliendo questi esseri umani, gettatisi in acqua, seppure, in un primo momento, fossero stati presi a bordo dalla guardia costiera libica (secondo a un accordo di collaborazione stipulato tra noi e la Libia).

Durante il salvataggio si sono avute poi ripetute raffiche di spari dei miliziani contro la Mare Jonio. Ma torno ai “naviganti accorati” per sottolineare la voce di chi, amando il mare, non può davvero pensarlo come un raccoglitore di morte. Il mare è soffio di esistenza, sempre, in ogni sua forma di bellezza e di immanenza dell’espressione universale di vita. Non può perciò, il mare, non contenere in sé un codice deontologico, una partecipazione d’amore, che dovrebbero richiamare l’uomo al proprio stato di essere pensante e compassionevole.

 

 

 

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