I ricordi

DI ROBERTO BUSEMBAI

 

Quanti sono i momenti in cui ci lasciamo trasportare dai ricordi? io ormai ho perso il conto, perchè credo che i miei giorni non vivano che di altro, ricordare non significa melanconia o rimpianto, i ricordi sanno dimostrare che la vita che hai trascorso è valsa la pena averla vissuta.

I ricordi ti danno quel sapore dolce dentro il cuore per poter magari sopportare momenti un poco più duri che la vecchiaia degli anni ti pone davanti. Non posso più permettermi di correre, anche solo per attraversare la strada, se poi rischiassi nel farlo, sono certo che una papera cammina meglio di quanto faccia io.

Posso però ricordare quando lo facevo, ogni sera, dopo il lavoro, scarpette da ginnastica, pantaloncini, una maglietta e via per le strade poco trafficate, per arrivare al parco, dove i miei amici mi stavano già aspettando per la nostra consueta “corsetta” serale.

Perchè sono caduto nei ricordi, perchè oggi leggendo un articolo su una rivista che ho trovato nella sala di attesa di un ufficio comunale, ho letto un nome, e non so nemmeno a chi si riferisse, tanto il mio ricordo di quel nome mi ha fatto navigare con la mente.

Giulia, un nome comune, un nome come tanti altri, e direi anche a mio parere un bel nome, ebbene quel nome che ho letto mi ha ricordato una signora anziana, robusta ma di una vitalità impressionante, sempre sorridente, portava gli occhiali e questa cosa lei la viveva con grande passione tale da averne vari e tutti con montature diverse e coloratissime.

Dal rosso vivo all’azzurro, dal giallo canarino al fucsia…..e la ricordo perchè era la “serva” (al tempo venivano così definite quelle donne che accudivano e sfaccendavano nelle case dei “signori”) di una nobile famiglia che abitava in un villa a poche centinaia di metri di distanza dal mio appartamento.

Spesso quando era libera dal lavoro, era solita fermarsi a casa mia in quanto amica di mia madre. Io al tempo ero un bambino, una bambino però che non si è divertito soltanto con il pallone, ma adoravo anche i soldatini e le biglie.

Una mia malattia era il gioco delle carte e Giulia era la mia antagonista. Veniva sulla sera, appena dopo cena, e quando i miei me lo permettevano, ma quasi sempre, Giulia portava un mazzo di carte da gioco e insieme ci facevamo certe partite a “briscola” o a “scopa” davvero divertenti e nel giocare lei era solita raccontarmi di se, che era vedova, suo marito era morto giovane in guerra, non si era più sposata e non aveva avuto l’opportunità di avere figli ed ecco perchè con me passava volentieri un poco del suo tempo libero.

Il gioco delle carte, mi aveva raccontato che le era stato insegnato da suo padre, il quale, la sera tornando dai campi, per stare insieme “con la sua bambina” (così avrebbe detto) gli insegnava a giocare a carte.

Non gioco più con le carte, non perchè non lo farei volentieri ancora, ma solo che non ho più voglia di fare “solitari”, quasi nessuno più vuole giocarci e di giocare da solo, mi sono davvero stufato.

Comunque ritornando ai ricordi, anche questo può servirmi a consolarmi: “ Non gioco più ma ho giocato tanto!”

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