Il Cappellone degli Spagnoli

DI GIOVANNI BOGANI

Non credo che “mi guarderai dal cielo”. Non credo che ci sia più niente da fare o da dire. “Tua madre ti guarderà, da lassù”… Boh.

Da ragazza, con la tua amica Lorena, andavi a sentire la musica classica. Andavi al Cappellone degli Spagnoli. Dove, mamma? “Al Cappellone degli Spagnoli!”. E, scusa, che cosa era? “Eh, era… era… come, che era? Era il Cappellone degli Spagnoli”. Sì, ma dov’era? “Mah, verso Santa Maria Novella…”. Ma che cos’era? Una cappella? Una cripta? E che c’entrano gli Spagnoli? “Boh”. Ma che spagnoli? I conquistadores? I toreri? E che cappellone? Un cappello nero? Grande quanto? … ma che roba è? E lei rideva.

O quella volta che ti regalai una bottiglia di Mateus rosé, il vino rosato portoghese che a me, da ragazzo, piaceva. Dopo qualche giorno, non lo avevi ancora aperto. “Mah… non lo so mica se è vino, sai, quello che mi hai portato”. Come no? “Mah…”, dicevi, con quell’aria di non volermi offendere, di “non insistere, che è meglio”. E alla fine: “Ma allora, perché c’è scritto tè?”. Ma dove? “Qui”. “Ma c’è scritto ‘The original’…”. “Appunto!”, mi dicevi. Così, non l’hai mai aperta, la bottiglia di Mateus rosé, un tè molto originale.

Ma non ridevamo quasi mai.

Mangiavamo in silenzio, in due in quella casa piccola, ma già infinita per accogliere i nostri silenzi. Mangiavi poco. Non ti piaceva più niente. Le lasagne che preparava Vera: “mah… l’altra volta erano più buone”. Erano sempre più buone, l’altra volta. Chissà come dovevano essere, la prima volta.

Neanche gli spaghetti ti piacevano più: solo la minestra di verdure. E negli ultimi giorni, neanche quella.

Ti piaceva l’opera. Ti piaceva Puccini. La Madama Butterfly, che pronunciavi “bèttefflài”, e la Bohème, che pronunciavi “boème”. E forse era anche giusto. Ti piacevano le romanze d’amore, quel languore cantabile da inizio Novecento. In fondo, canzoni di pochi anni prima che tu fossi ragazzina.