Il metronomo

DI GIOVANNI BOGANI

Quando suonavi il pianoforte, arrivata a metà della prima pagina, quasi sempre acceleravi. Facevi scivolare le via le note più in fretta, come per liberarti alla svelta del brano.

Come, nelle pubblicità in televisione, le avvertenze sulle controindicazioni dei medicinali. Le dicono correndo, così che loro le hanno dette, ma noi non abbiamo capito niente.

Allo stesso modo, correvi sulla seconda metà di ogni brano. Come se tu dicessi, con le dita, “eccetera eccetera”. Perché?

Ora che ci penso, non c’è mai stato un metronomo in casa. Il metronomo, lo strumento di tortura di ogni musicista. Il battere implacabile del tempo, sempre uguale. Il tic tac che comanda tutto: non c’era.

C’era un pianoforte, c’erano gli spartiti, ma non c’era il metronomo. E tu correvi, correvi, come se il brano fosse stato una discesa a precipizio, come se tu non fossi sicura dell’attenzione dell’ascoltatore. Come se tu dicessi, con le dita, “eccetera eccetera”, tanto abbiamo capito.

Succedeva anche a me. Suonando la chitarra, acceleravo, rubavo sempre qualche millesimo di secondo alla battuta dopo, e alla fine mi ritrovavo a fare le canzoni sempre di corsa. Come se anche io dicessi a me stesso “tanto abbiamo capito, andiamo veloci”.

Amavi tanto la musica. Ma non hai mai fatto una suonata a papà. Suonavi per te, non pensavi che a qualcuno potesse interessare. Non suonavi per me, non suonavi per lui. Non ti mettevi mai in scena. Non volevi essere “ascoltata”. Suonavi la tua musica come si prega, fra te e il Qualcosa che è, probabilmente, sopra di noi.

Non ho mai registrato neanche un minuto di te che suonavi. Perché? Perché nessuno, in famiglia, ha apprezzato, ha incoraggiato la tua passione? Davamo per scontato che tu suonassi, che tu suonassi così, senza grandi pretese. Ma si può migliorare, si può migliorare sempre, a ogni età. E poi, tu sapevi leggere la musica, e io non l’ho imparato mai.

Potevamo avere più rispetto delle tue dita, che avevano imparato la stenografia, la dattilografia, e a suonare “Le lac de Come”, e le sonatine di Mozart. E così tutte le tue sonate se ne sono andate via con te. Sarebbe stato bello avere un video, anche uno solo, con le tue mani sulla tastiera del pianoforte. Quando c’è tempo, non si pensa mai che finirà.

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