Il “pacco” del patto per la scuola e il decreto non possono essere distinti. Troppo comodo

di Salvatore Salerno

Come si fa a firmare un patto con il Governo e il Ministro Istruzione lo stesso giorno che il prof. Bianchi fa approvare dal Consiglio dei Ministri la negazione di pas e ruolo ai precari, questa anticipazione ordinario STEM, il diniego all’abolizione del vincolo (soltanto ridotto da 5 a 3 anni), persino l’assegnazione provvisoria, assunzioni in ruolo meno del turn over, il divieto anticostituzionale alla partecipazione al concorso successivo e altre aberrazioni del decreto?
Si può dire ogni tanto la verità se questa è “abbiamo sbagliato”“ci siamo fatti fregare” oppure “eravamo d’accordo con il governo e il Ministro ma dobbiamo fare la parte di chi non è d’accordo fra iscritti ed iscrivibili dopo che fate il decreto”.

In tutte e tre i casi i sindacati confederali cgil-cisl-uil, snals e anief, smentendo ogni autonomia del sindacato che pretende di tirarsi fuori ogni volta dalle responsabilità dalla politica e del governo, che sottolinea questa autonomia e impotenza ogni volta che deve convincere i suoi iscritti, si rivolge poi alle commissioni parlamentari confidando nelle audizioni e negli emendamenti della politica.
Ma non vi suona strano un atteggiamento così? Cosa è diventata la politica e cosa è diventato il Sindacato, quello che era con la S maiuscola, cosa è diventato almeno nei loro attuali dirigenti nazionali?  Come pensa Sinopoli e tutti gli altri ad uscire da una firma che è stata apposta su di una cambiale in bianco senza numeri, tempi, soldi (per organici e contratto) e con tanti condizionamenti imposti dall’altra parte contraente per renderlo il più vuoto possibile? L’altra parte che invece si è fatta bene i conti e scrive un decreto al risparmio.
 Come si fa a fare intervenire anche i segretari confederali come Landini e tutti gli altri per rendere solenne un patto che è chiaramente “un pacco”. Come si può affidare a questi gruppi dirigenti sindacali la “contrattazione” (cioè chiediamo il massimo, mettiamo in campo le ragioni dei lavoratori di ruolo o precari, mobilitiamo questi lavoratori, facciamo scioperi o altre forme di lotta, denunciamo all’opinione pubblica, ai partiti e movimenti, facciamo informazione trasparente, invochiamo i diritti costituzionali etc.), poi magari si ottiene il 90% di quanto richiesto e non il 100%, ma qui siamo a zero risultati. Direbbe Mourinho “zeru tituli”.
Sinopoli fa il duro dopo il decreto e lo fa con il rappresentante dei dirigenti scolastici dell’ANP ma fuori tempo e con l’interlocutore sbagliato. E i “tavoli tecnici” che questi sindacalisti dovrebbero occupare per rappresentare una categoria. Come sarà il tavolo della contrattazione, qualcuno di qua e altri di là oppure tutti dalla stessa parte, datore di lavoro e lavoratore, come saranno i tavoli tecnici, sappiamo dei tecnici del Ministero (tutti amici della fondazione Agnelli e soci), chi sono invece i tecnici del sindacato?
Di fronte a questo schiaffo a più di un milione di dipendenti pubblici (il decreto truffa) in qualsiasi Paese ci sarebbe stata una delle due richieste possibili, dimissioni del Ministro o dimissioni dei capi dei sindacati della scuola, a meno che l’uno o gli altri si smentiscano e strappino quel patto scellerato oppure riscrivano da capo a piedi gli articoli 58 e 59 del decreto.
Naturalmente qui non succede niente.
Il sindacato si affida alle audizioni, cioè quel rito dei cinque minuti a testa di decine di associazioni e gruppi delle commissioni parlamentari, se non c’è tempo per sentirvi lasciate un testo scritto. Qualcosa succederà con gli emendamenti ma non sarà perché lo dice il sindacato di oggi. Intanto una trentina di sigle dei precari manifestano a Roma il 15 giugno, non sarà la solita sceneggiata di un centinaio di persone sotto viale Trastevere con striscioni, bandiere, musica e megafono di proprietà di una sola di queste aggregazioni spontanee, forse e speriamo saranno migliaia.
Fanno bene.
Questi precari della scuola che esistono a centinaia di migliaia nelle diverse tipologie, che hanno tutti ragione, che vedremo tutti in cattedra ancora a settembre ma sempre da precari, da supplenti. Non sono invisibili nell’ambiente ma sono innocui se continuano con “il prima io e poi tu”, se continuano a dividersi anche fra di loro e con quelli di ruolo. Ma poi sono amici nei collegi docenti, quando sono seduti fianco a fianco, sono bravi quando sono in cattedra, nessuno si accorge di genitori e alunni che sono precari se non lo dicono loro. Nessuno dei dirigenti scolastici o dei colleghi ha mai mosso loro un rilievo ufficiale, sono senza demerito ma è richiesto il timbro dell’abilitazione, del concorso, di graduatorie ad esaurimento che non si esauriscono mai, ma il bello che lo Stato ha negato loro la possibilità di quel timbro se non ad una piccola parte di loro con tfa o ssis (spiegare i cento acronimi della scuola è una fatica, lasciamo perdere) e pas ordinari o speciali (abilitazione) così come i concorsi straordinari o regolari con i posti che servono, sempre quelli e di più ogni anno di professionisti con la dignità del ruolo. 
Si dovrebbe capire il perché, la solita maledetta questione di soldi.
Se tutto questo che è sotto gli occhi di tutti vi sembra invece normale siamo alla frutta e l’Italia si conferma non essere un Paese normale. Non si parli più, per favore, di priorità della scuola, almeno quello.

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