Caffè e salute

di Cristina Piloto (biologa e nutrizionista)


Recentemente l’Oms ha riabilitato l’espresso dopo i sospetti degli anni novanta: le sostanze contenute in questa famosa bevanda, in sé non comportano infatti rischi; che invece derivano dal bere liquidi molto caldi che sembrano essere una probabile causa del tumore dell’esofago.

La ricerca, il cui verdetto è contenuto nel parere di 20 esperti di tutto il mondo, per l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Iarc), assolve quindi il caffè, che nel lontano 1991 era stato inserito in un elenco di sostanze che potevano essere cancerogene, in riferimento al tumore della vescica. Prosciolto dalle accuse anche il mate, bevanda popolare soprattutto in Sud America e Spagna.

Ma quali sono le caratteristiche di questa bevanda, che, dopo il tè, è la più consumata al mondo?

In passato bere caffè era considerata un’abitudine cattiva, paragonata all’eccedere nel bere alcol o a fumare. Tuttavia, a differenza di alcol e fumo, che sono davvero nocivi per la salute, nel tempo si sono accumulate numerose evidenze scientifiche, a dimostrare che non solo il caffè non fa male, (tranne in soggetti con alcune patologie), ma, se consumato in dosi moderate, può addirittura far bene.

Un moderato consumo di caffè si associa infatti a una minore incidenza di aterosclerosi alle arterie coronariche, ovvero garantirebbe loro più salute promuovendone la dilatazione, allontanando il rischio di malattie cardiovascolari importanti, come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Il monitoraggio nel tempo dei quantitativi di caffè assunti, in uno studio che ha arruolato 25000 persone sane, di età media 41 anni, residenti in Corea del Sud, ha permesso di stabilire che, dalle tre alle cinque tazzine di caffè giornaliere, si ha un effetto sufficiente e idoneo a mettere al riparo le arterie dal rischio di sviluppare occlusioni (placche), nell’ambito ovviamente di una dieta equilibrata.

Una metanalisi, pubblicata sull’ European Journal of Epidemiology concluderebbe che il consumo di caffè, in adeguate quantità, potrebbe indurre la riduzione del rischio di mortalità: aiuta infatti nella prevenzione della cirrosi e ad abbassare le transaminasi e le gammaGT, stimola la lipolisi nel tessuto adiposo favorendo il dimagrimento, contribuirebbe a una minore insorgenza di alcuni tumori, in particolare del colon-retto e del fegato, e di sviluppo di malattie cardiovascolari.

Il caffè ha anche proprietà antinfiammatorie che sembrano essere correlate al contenuto in polifenoli, soprattutto l’acido clorogenico.

Buone notizie quindi per gli italiani, modesti consumatori della bevanda (il più alto introito di caffè si registra infatti nei paesi Scandinavi e in Nord America) che ne debbono però in ogni caso limitare l’assunzione a 2-5 tazzine giornaliere al massimo. Con qualche precauzione, il caffè non andrebbe infatti consumato da chi ha disturbi del sonno, specie nelle ore serali perché l’emivita della caffeina è di 1-2 ore e potrebbe influenzare la fase dell’addormentamento, in caso di alcune aritmie cardiache, nei soggetti con gastrite e ulcera (sull’apparato gastrointestinale la caffeina aumenta la secrezione di acido cloridrico e pepsina nello stomaco, anche se non causa reflusso gastro-esofageo, gastrite o ulcera nei soggetti sani) e nelle persone con osteopenia (densità minerale ossea più bassa del normale) o osteoporosi (condizione in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea) soprattutto dopo i pasti principali, in quanto la caffeina blocca l’assorbimento del calcio, va inoltre consumato con più moderazione nelle donne in gravidanza e allattamento.

Conta però anche il tipo di caffè perché la caffeina contenuta può essere sensibilmente differente: il caffè americano contiene circa il doppio di caffeina del caffè espresso, sia normale che in cialde. Di contro il decaffeinato non contiene caffeina, se non in tracce, ed è indicato soprattutto la sera o per chi soffre di insonnia. In genere più è il tempo di transito e la quantità di liquido, più è elevato il contenuto totale di caffeina e altre sostanze. Introdurre con la tazzina di caffè un alimento o bere acqua subito dopo, può aiutare a ridurne il tempo di permanenza nello stomaco. In ogni caso tranquillizza sapere che pochi italiani bevono più di cinque tazzine al giorno, quindi i rischi di sovraddosaggio sono sporadici.

Un’ultima preziosa informazione: il caffè è amaro, è il suo carattere. Mettere zucchero nel caffè è un gesto che sminuisce il carattere del caffè. È solo questione di abitudine e si può assaporare al meglio l’amaro del caffè, senza zucchero, o aggiungendone solo una punta.

*Immagine free pixabay

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