Il sapore di ciliegia

DI GIOVANNI BOGANI

 

La prima volta che sentii quel sapore di ciliegia strano, e completamente inatteso, io la ricordo ancora. Ero a scuola, in terza elementare. Stavo in piedi, dalla parte sinistra dell’aula. La suora correggeva il mio tema ad alta voce. Avevo scritto di te. Avevo scritto che eri molto “estrosa”. E lei obiettò che quella parola non esisteva. Lo disse in buona fede, credeva davvero che non esistesse. E non c’era Google per controllare all’istante.

Io, invece, sapevo che quella parola esisteva. L’avevo letta sul giornale, nell’inserto sportivo. Parlavano di Franco Causio, e lo definivano così. Franco Causio era un attaccante di una squadra che non voglio nominare, un fuoriclasse però, tutto dribbling e imprevedibilità. L’avevo usata per te, mamma, perché non sapevo mai che cosa aspettarmi. Potevi essere dolce e tranquilla e poi arrabbiarti, dire “parbleu!” e “ma so una semplice!” e “Diocristo!”, tutto attaccato, con una veemenza che mi gelava il sangue, quando avevo otto anni. E quindi, eri estrosa. Forse sbagliavo il concetto: ma quella parola esisteva. Ma non riuscii a spiegare alla suora di Franco Causio. Che, qualche anno dopo, avrebbe persino giocato a carte con Sandro Pertini, il presidente della Repubblica, in una foto che fece storia.

Rimasi zitto, furibondo. In piedi, col grembiule nero e i calzoni corti. La suora rilevò un altro errore. Avevo scritto, a proposito di chissà chi, “Questi riteneva…”. Lei: “No! Questo riteneva!”, e tutti risero. Di me. Ancora, sapevo di aver ragione, si poteva dire “questi”, e non quella banalità rozza di “questo riteneva”. “Questi” era un modo per dire “costui”. Pronome singolare. Certo, una parola desueta. Ma non un errore. E invece.

E invece avevo una rabbia dentro che non sapeva come esplodere. Non riuscivo a spiegarmi, non potevo andarmene dall’aula, non potevo far altro che rimettermi al banco, umiliato. Istintivamente, e chi lo sa perché, strinsi le gambe, tutto teso come una corda di violino. E dopo qualche secondo, sentii quella cosa che non avevo sentito mai.

Una dolcezza nuova, inattesa. Una specie di sapore, ma non era un sapore. Assomigliava al succo di ciliegia, qualcosa di dolce e acidulo insieme. Forse assomigliava alla misteriosa manna, il dono di Dio piovuto dal cielo sugli ebrei disperati, affamati, assetati. Era come una canzone mai sentita, una canzone bellissima.

Da quel sapore, da quel suono che suonava dentro di me, che faceva fiorire improvvisamente i miei sensi, non mi sarei più liberato.

Immagine tratta dal web

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