Imparare a leggere, scrivere e far di conto non può bastare

DI INES GUADAGNINI

Alcuni anni fa, in un Istituto Scolastico, la psicopedagogista Gianna fu informata dal dirigente che un alunno di classe prima elementare, lo chiameremo Manuel, dopo aver frequentato quindici giorni circa, non ne voleva più sapere di mettere piede a scuola !

Calci alla porta, pianti, resistenza ad ogni tentativo di convincimento messo in atto da parte di genitori e insegnanti.

Toccava dunque a Gianna intervenire e trovare una possibile soluzione. Il caso non era semplice e i motivi di tanta resistenza non erano affatto chiari.

Convocò allora i genitori che si presentarono preoccupati e soprattutto impotenti di fronte all’ ostinazione del figlio, che da troppi giorni ormai era a casa inoperoso.

Come primo passo, non restò che decidere per una scuola familiare, con una maestra privata, che se da un lato garantiva a Manuel l’ istruzione a cui aveva diritto, dall’ altro dava ristoro alle giuste ansie di mamma e papà.

Tutto risolto dunque ? Certo che no !
Gianna sapeva benissimo di doverlo riportare a scuola, perchè quello restava comunque il vero obiettivo. Ma come fare ?

Passarono i giorni, le settimane, i mesi durante i quali i genitori la tennero informata dei progressi di apprendimento di Manuel, ma lei non era tranquilla, quello non poteva bastare.

Passò notti insonni pensando a lui: lo immaginava solo nel salotto di casa con la sua maestra, intento a compitare le prime sillabe, le prime parole e si sentiva sconfitta.

Un giorno, però, ricevette una telefonata davvero importante dal papà di Manuel, che le confermò che ormai era tempo di agire:
– Signora- le disse- sì, mio figlio sta imparando bene, ormai legge e scrive abbastanza speditamente, la maestra è molto brava e lui le si è affezionato, però … è sempre solo.

Gli mancano gli amici, gli altri bambini…non può continuare così.
Il nodo era venuto al pettine !
Come poteva, infatti, un bambino di sei anni continuare a stare solo, a casa, senza contatti con i suoi coetanei, senza la gioia di apprendere insieme a loro e da loro, senza condividerne i giochi e le conquiste della crescita ?

Gianna si prese un po’ di tempo per riflettere e poi decise: sarebbe andata lei da Manuel per iniziare, intanto, un processo di avvicinamento che le consentisse di conquistarne la fiducia. Lui al primo momento la rifiutò !

Si nascose, le fece segno di andarsene temendo che lo volesse riportare a scuola. Lei sapeva molto bene che doveva andarci piano, gli disse che non era certo lì per lui, ma per la mamma e che se ne sarebbe andata subito. E così fece.

A Gianna era chiaro che avrebbe dovuto far nascere in Manuel il “desiderio” di far parte di una comunità, puntando magari anche sul naturale risentimento di sentirsene estromesso.

Tornò molte volte da lui: lo lodava per i bei voti meritati, ma gli racconta anche le molte cose belle che succedevano a scuola…. E così un giorno, ormai certa della sua fiducia, finalmente, gli propose di raggiungerla nel suo ufficio, con la mamma … e lui acconsentì !

Era fatta, il ghiaccio era rotto ! In seguito, la mamma lo riportò altre volte nell’ ufficio di Gianna, a scuola. Lì lo aspettavano matite, colori, fogli da riempire con disegni bellissimi, libri da leggere; si fermava per un po’ di tempo, poi la mamma tornava a riprenderlo.

Poteva capitare, però, che Gianna dovesse spostarsi per raggiungere qualche classe … allora lo prendeva per mano e lo rassicurava: – Andiamo dai bambini di terza, devo parlare con la loro maestra, ma stiamo sulla porta, non abbiamo mica bisogno di entrare in aula noi ! – e ridevano complici.

Successe altre volte. Gianna attendeva di veder nascere nello sguardo di Manuel la curiosità e l’interesse per quei bambini intenti a svolgere le loro attività in aula, ma soprattutto attendeva l’ arrivo del “desiderio“, quello che avrebbe fatto esplodere la domanda “ perchè non posso far parte anch’ io di questa allegra brigata ?“ .

Fortuna volle … o per meglio dire, grazie ad un accordo fra la maestra di classe prima e la psicopedagogista, … che una mattina gli alunni si trovassero in corridoio a preparare meravigliosi cartelloni colorati.

Gianna e Manuel si fermarono a guardarli… chissà se anche lui poteva mettersi a colorare un po’ con loro? Alla richiesta di Gianna, la maestra acconsentì!
Anche Manuel acconsentì!

Lasciò la mano di Gianna e cominciò a colorare con un pennarello offertogli da un bambino.
In seguito, ci furono altre occasioni simili e alla fine ci fu anche un banco per lui, in quell’ aula di classe prima che da mesi lo attendeva.

Ora il sorriso di Manuel, insieme a quello dei suoi compagni, aveva tutta un’ altra luce: quella dell’ amicizia, della collaborazione, della vicinanza. In una parola, della felicità !

Questo è il racconto di come un piccolo alunno sia stato accompagnato, passo dopo passo, a superare il suo rifiuto della scuola .

Ma è anche un monito a non sottovalutare, in questo periodo di isolamento, purtroppo necessario, quanto sia fondamentale per i nostri ragazzi ritrovare la felicità di stare insieme, quanto sia importante per loro condividere la quotidianità, mentre sono impegnati nella difficile impresa di crescere.

Non dimentichiamoli !

 

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