In un libro ritrovato, tutta la magia del Natale

DI INES GUADAGNINI

Con l’ avvicinarsi del Natale Valeria era solita onorare un appuntamento al quale non mancava mai. Abitava infatti nelle immediate vicinanze della piazza dove da un po’ di anni veniva allestito, in dicembre, un mercatino che definire dell’antiquariato sarebbe sembrato eccessivo ai più, ma che per lei aveva un fascino irresistibile.

Per questo si concedeva sempre una passeggiata fra quella manciata di bancarelle, illuminate da una miriade di luci colorate e adorne di ghirlande luccicanti, sulle quali i venditori esponevano con cura distratta, ma non priva di un certo orgoglio, copiose quantità di monete antiche, francobolli d’altri tempi, cartoline datate e vecchi libri riemersi da cantine e soffitte.

Incurante di ogni attrazione natalizia, a Valeria piaceva assaporare il silenzio ovattato di quelle ore del mattino, quando ancora gli abitanti del quartiere impigrivano in casa e il traffico era ridotto. Procedeva con voluta lentezza, per poi fermarsi attratta dai francobolli e dalle numerose cartoline dai colori sbiaditi.

Ma tutto ciò preludeva a quello che era il più profondo e appagante motivo della sua presenza lì: raggiungere finalmente le bancarelle di libri e immergersi con voluttà nel piacere della ricerca di vecchie edizioni di testi che si materializzavano in modo inaspettato. E fu proprio in una di quelle mattine che Valeria si imbatté in un libro che dapprima le fece sgranare gli occhi per la sorpresa, poi sussultare il cuore per l’emozione: – Ma è “Il piccolo alpino” – esclamò a voce alta, facendo girare dalla sua parte le poche persone presenti.

Anticipando la mossa del venditore, lo prese in mano, lo sfogliò, lo rigirò da tutti i lati ancora incredula, ormai catturata dalla magia di quel libro ritrovato. Era infatti proprio quello che le leggeva la sua maestra a scuola e che, pur non avendolo mai posseduto, le era rimasto impresso in modo diverso da tutti quelli che aveva letto nella sua vita.

 

Continuò a sfogliarlo, fermandosi di tanto in tanto per tornare con la memoria lontano nel tempo e nello spazio … e rivide lei, la maestra Carla, china sulla cattedra, risentì la sua voce che come una carezza, di più, come una promessa di inaspettate meraviglie, leggeva … leggeva …

Erano quelli i primi anni ’60 nella popolosa periferia di una grande città, anni in cui Valeria e i suoi compagni si erano trovati a frequentare la classe quarta in uno stanzone adibito ad aula, ma che di fatto era stato un negozio col suo bel retrobottega. L’insufficienza dei locali imponeva agli alunni l’utilizzo in doppi turni, inevitabilmente.

Girando le pagine di quel libro ora Valeria ricordava i pomeriggi invernali, quando fuori faceva buio presto e la neve cadeva, con una danza lenta e silenziosa, al di là delle grandi vetrate. Si rivide seduta sul banco di legno a due posti, in quell’ aula illuminata da una luce giallastra che dava un non so che di familiare a tutto l’ambiente, ma soprattutto ricordava bene la figura rassicurante della maestra Carla. Pur essendo abbastanza giovane ella emanava un senso di calore materno, la sua voce avvolgente e il suo passo leggero erano un misto di affetto, severità, attenzione.

Era paziente e comprensiva, soprattutto in dicembre, quando con l’avvicinarsi del Natale si diffondeva tutto intorno un’ atmosfera magica, ricca di sentimenti buoni e propositi generosi. In quei giorni il retrobottega diventava una sala prove per l’allestimento della recita e lei si dava un gran da fare per distribuire le parti dei personaggi del presepe, per correggere l’intonazione della recitazione e dei canti, per aggiustare i vestiti di scena.

Valeria partecipava con entusiasmo, nulla però era paragonabile alla gioia che provava quando la maestra annunciava che nell’ultima mezz’ora di scuola avrebbe continuato la lettura de “Il piccolo alpino “: a quel punto nell’aula rischiarata da quella luce giallastra familiare cadeva un silenzio carico di attesa.

Mentre tutti i bambini si disponevano all’ascolto, la voce della maestra cominciava a spandersi nell’aria e, progressivamente, andava a riempire tutto lo spazio intorno.

Alternando i toni sommessi ad altri più vigorosi e drammatici, ella modulava i suoni per rendere più visibili gli eventi che stavano accadendo, ma non solo: accompagnava infatti la lettura con guizzi improvvisi degli occhi che si trasformavano spesso in un’espressione di intensa, totale partecipazione, nella quale sapeva trascinare tutti gli alunni come in un vortice ora imprevisto, ora atteso.

Poi, alla lettura incalzante e quasi affannosa di pagine dense di avvenimenti particolarmente toccanti, faceva seguire brevi pause, come per dare il tempo a tutti di riprendere fiato, e infine continuava a leggere con ritrovata pacatezza per svelare così ai suoi piccoli alunni l’evolvere dei fatti.

Valeria ascoltava rapita e piena di stupore, come fosse davanti ad uno scrigno che aprendosi mostra le sue gemme e ne promette altre ed altre ancora se solo si affondano le mani alla ricerca della più nascosta, della più preziosa.

Si accorgeva ora di ricordare solo vagamente le vicende narrate in quel libro ritrovato, ma nel rileggerne brevi tratti qua e là, capiva perché non avesse mai dimenticato quel senso di stupita, infantile meraviglia, quella promessa di continue scoperte che aveva intuito quando ascoltava la sua maestra che leggeva.

Ricordava di avere desiderato che andasse avanti, pagina dopo pagina, e ancora di più ricordava di aver avuto voglia di chiederlo in prestito per continuare a leggerlo a casa, ma era piccola e non aveva mai osato.
Ora Valeria comprendeva quale miracolo si era compiuto molto tempo prima: era il miracolo dell’ amore per la lettura, iniziato nei pomeriggi d’inverno, adorni di neve e ricchi di canti natalizi.

Allora, la maestra Carla le aveva insegnato che un libro può essere come uno scrigno che dona, a sorpresa, ricchezze durature e feconde, che possono andare ad abitare nel cuore e nella mente, affondarvi radici profonde per poi restituire nel tempo frutti copiosi e ogni volta nuovi.

Valeria acquistò quel piccolo tesoro ritrovato e, tornata a casa, lo sistemò in bella vista nella grande libreria, con l’ animo pieno di gratitudine per quel dono inaspettato.
Mentre la neve cominciava a scendere e la piazza si animava di voci e suoni di zampogne, il fascino del Natale aveva donato, ancora una volta, luce, dolcezza e calore anche al suo cuore.

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