Intervista a Neri Parenti il re dei cinepanettoni

DI GIOVANNI BOGANI

 

Natale, fino all’anno scorso, era anche il giorno del cinema. Dopo pranzo, le strade si risvegliavano, piene di gente che affollava le sale. Il tepore della sala, il freddo fuori, il buio che arrivava presto. E quasi sempre, in sala, un film di Natale. Un cinepanettone.

Il re dei cinepanettoni, il maestro pasticciere delle commedie di Natale, si chiama Neri Parenti. È fiorentino, ha settant’anni, ha diretto venticinque anni di cinepanettoni.

Da “Vacanze di Natale 95” all’ultimo, “In vacanza su Marte”, uscito pochi giorni fa su tutte le piattaforme digitali. Ne approfittiamo per chiedergli di raccontarci qualcosa che non sappiamo, il “dietro le quinte” dei cinepanettoni.

Neri, com’è un film di successo visto dalla cabina di regia?

“Una serie di problemi da risolvere. Problemi che per me iniziarono subito: quando, scelto per dirigere ‘Fantozzi contro tutti’, mi presentai a casa di Paolo Villaggio, lui mi guardò con infinito disprezzo, e senza pietà mi disse ‘Ah! Neri Parenti è lei? Ma io pensavo che lei fosse un altro, mi sono sbagliato’. Ero già alla porta, quando disse: ‘Vabbè, ormai sei venuto tu… facciamo questo film’. Da allora ne facemmo diciotto”.

Che cosa ricorda di “Vacanze di Natale 95”?

“Girammo ad Aspen, Colorado. Ma quell’anno non c’era neve! Si decise di andare più in alto, a quattromila metri di altitudine. Per lavorare in quelle condizioni devi essere uno sherpa: noi, abituati a scalare al massimo le scale di un condominio, finimmo tutti all’ospedale”.
In “Tifosi” ha lavorato con Diego Armando Maradona.

“Pensavamo che non avrebbe accettato mai. Poi una sera mi chiamano: Maradona aveva accettato. Ma non voleva avere orari di lavoro prefissati: girare quando se la sentiva, senza preavviso. Restai a dormire sul set, ero sempre lì, h24, pronto a girare.

Lui appariva, in fretta si preparava tutto, e altrettanto all’improvviso se ne andava. La fatica fu ricompensata da una maglia biancoceleste dell’Argentina col numero 10 e la dedica al suo regista preferito: Nery!”.

Il momento più difficile?

“Stavamo per girare ‘Natale a New York’. All’aeroporto, a Roma, non vedevamo l’ora di salire sull’aereo, quando su uno schermo vanno in onda immagini di aerei che si schiantano contro le Torri gemelle. Era l’11 settembre del 2001.

Tutti noi ci siamo sentiti piccoli piccoli e impotenti: nessuno se la sentiva di andare a girare in una città ferita, c’era anche paura di nuovi attentati.

Aurelio De Laurentiis provò a convincere gli attori che non ci sarebbe stato pericolo. Arrivò persino a chiedere alla segretaria: ‘Renata, mi cerchi Bin Laden…’. Lo stavano cercando l’Fbi, la Cia, le polizie di tutto il mondo! Ma Aurelio non si fermava di fronte a nulla”.

In “Natale a Miami” andò tutto bene?

“Avevamo trovato delle belle location. Piccolo particolare: era il 2005, e venne a trovarci l’uragano Katrina. Quando dalle finestre vedemmo volare automobili, alberi, lampioni, pensammo che non ne saremmo usciti vivi. Solo Christian, a cinquanta chilometri di distanza, se ne stava beato e tranquillo a cenare in un altro hotel”.

E altri mille episodi. Non c’è tempo e spazio di rievocarli tutti qui: ma molti, Neri Parenti li ha raccolti nel libro “Due palle di Natale”, uscito lo scorso novembre per Gremese editore.

Giovanni Bogani per la “Nazione”

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