Ippolito Caffi, Piazza San Pietro – Roma

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Il pittore bellunese Ippolito Caffi si forma inizialmente nei propri luoghi di origine, dividendosi tra Belluno e Padova, ma sarà la frequentazione dell’Accademia di Venezia ad imprimere un indelebile segno sulla sua produzione artistica: è qui che entra in contatto con l’esperienza dei celebri vedutisti veneziani del Settecento – Canaletto, Bellotto, Guardi, Pannini, Van Wittel, Carlevarijs, ecc. – e ne assimila gli evidenti influssi; i suoi primi dipinti sono inequivocabilmente connotati in tal senso.

In seguito, soprattutto grazie ad una istruttiva permanenza in quel di Roma che gli permette di conoscere e studiare l’intraprendente, inebriante sensibilità del francese Camille Corot, artista conquistato dalla città eterna, cui dedica un numero cospicuo di dipinti, più di duecento, in circa tre anni – nella capitale, nei pressi del centro, è tuttora presente l’Hotel Corot, il cui sito ufficiale tuttavia non specifica la genesi della denominazione.

Caffi matura una generosa svolta tale da permettergli quella innovativa vivacità che provvederà a contraddistinguerne le opere, e che egli approfitterà per utilizzare nella suggestiva raffigurazione di alcuni episodi effettivamente afferenti la propria vita, per certi versi davvero piuttosto avventurosa: tra arruolamenti bellici, bombardamenti scampati e viaggi in mongolfiera.

Assieme a Francisque Arban, pioniere dell’aviazione francese, ed al fotografo Giacomo Caneva, sorvoleranno Roma in mongolfiera, rimanendo estasiati al cospetto della inusuale, privilegiata visione dall’alto.

L’opera proposta, Piazza San Pietro – Roma, realizzata a ridosso del periodo romano, conferma uno dei suoi temi prediletti, in compagnia di Venezia ma anche dell’Oriente: tra il 1843 ed il 1844, la sua esistenza si snoda tra Grecia, Turchia, Palestina ed Egitto, luoghi che non mancheranno di imporsi tra i suoi dipinti, tanto che si racconta come al ritorno dal suddetto viaggio, egli sia letteralmente giunto carico di schizzi e disegni.

Inoltre, nel 1841, memore delle proprie origini, decora la sala romana del Caffè Pedrocchi di Padova, una delle caffetterie storiche più conosciute e celebri d’Italia, già progettato dall’architetto veneziano Giuseppe Jappelli, il quale, ai primi dell’Ottocento, viene incaricato da Antonio Pedrocchi, ambizioso caffettiere bergamasco, di realizzare quello che sarebbe dovuto essere ‘il Caffè più bello della terra’.

Progetto egregiamente conseguito grazie alla raffinata monumentalità dell’edificio, successivamente ritrovo di illustri personaggi e intellettuali: lo scrittore Stendhal, noto fervente ammiratore della nostra penisola, lo citerà nel suo romanzo La Certosa di Parma …

È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L’eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d’Italia…

Padova, tra l’altro, detta la città dei Tre senza, deve parte di questa curiosa caratteristica proprio al Caffè Pedrocchi, ‘il Caffè senza porte’, data l’abitudine del suddetto locale di rimanere aperto giorno e notte; solo nel 1916, temendo di attirare i bombardamenti austriaci, le chiusure serali divennero purtroppo una obbligata consuetudine.

Ippolito Caffi, nel 2016, a 150 anni dalla morte, occorsa nel 1866, durante la Battaglia di Lissa, a seguito dell’affondamento della nave Re d’Italia, viene celebrato con una retrospettiva personale presso il Museo Revoltella di Trieste, comunque, per sempre, ricordato nel componimento del poeta Sebastiano Barozzi, il quale gli dedica alcuni struggenti versi nel poema Cronaca del popolo durante la redenzione d’Italia…

…Oh Ippolito diletto, ah in qual forma adempi a’ tua promessa!…L’intenso amor dell’arte, il grande affetto di patria a morte ti menò per essa…

Ippolito Caffi (1809-1866), Piazza San Pietro – Roma, 1856, olio su tela, 77×145 cm., Collezione privata
Immagine: web

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