John Singer Sargent, Smoke of Ambergris

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

 

Amico di Monet, e suggestionato dagli effetti della pittura en plein air, John Singer Sargent non esita a sperimentare innovazioni rappresentative, tendendo a concentrarsi più che su monumenti ed aspetti architettonici, su scene di vita quotidiana, o comunque immagini, pur non propriamente suggestive, leggermente connotate di una doverosa altisonanza, nobilitate da contesto e tecnica pittorica.

Da questo punto di vista, indubbiamente lo supporta e sostiene l’acquerello, che l’artista è in grado animosamente di rendere e dosare, confezionando e immagini di elevato lirismo, talvolta letteralmente sospese in un’atmosfera difficilmente distinguibile tra realismo ed evanescenza.

Quella ricchezza ritrattiva e compositiva che gli permette, di innamorarsi di Venezia – Sargent, come Turner ed altri artisti dell’epoca, subisce il fascino della città lagunare, che frequenta, a partire dal 1870 in poi, in maniera piuttosto assidua, soggiornandovi per una decina di volte – tuttavia diversa rispetto a quella obiettivamente considerata, in ossequio all’espressionismo statunitense di cui è considerato il maggior esponente, affettuosamente traviato da vicoli e calli in grado di conquistarne l’attenzione: L’uscita dalla chiesa, Campo San Canciano, Venezia, così come Una strada a Venezia, entrambi del 1882, focalizzano il fulcro visivo dell’osservatore sulle figure femminili che camminano per la via, stringendosi in neri scialli di lana.

Eleganti ma disinvolte – in Una strada a Venezia, la protagonista passeggia compiaciuta, consapevole degli sguardi puntati addosso, mentre in altre opere la malizia è trascurata in favore di temi più riservati – immortalate in un momento di discreta naturalezza, eppure connotate da una ruvidezza interpretativa che ne accentua la malcelata sensualità.

Sargent è eclettico, in grado di rifarsi allo stile della pittura impressionista, pur non appartenendovi – eppure realizzando, a tema, uno splendido ritratto, en plein air, di Paul Helleu mentre disegna con sua moglie; le pennellate, brevi e decise, tradiscono la tecnica in questo senso – ma non disdegnando una dichiarata ammirazione per artisti come Velazquez o Hals.

Sargent, i cui genitori erano americani, nasce in Italia, ed in seguito al proprio trasferimento a Londra, si trasforma in un ritrattista di successo. Appassionato di raffigurazione della società mondana, ai tempi di Edoardo VII, si rivela un interprete non peculiarmente originale, ma preciso e suggestivo, secondo le preziose tendenze dell’epoca.

Nella sua finale fase artistica tenderà a discostarsi dalla produzione ritrattistica precedente, decisamente più rigida e conformista.
Fervido esempio, il ritratto di Rose-Marie Ormond, nipote dell’artista, raffigurata in Italia, presso Aosta, durante un momento di relax nei pressi di un ruscello: la ragazza, che all’epoca doveva essere sui quindici anni, appare estremamente naturale, quasi incastonata nell’ambiente, tanto che il gioco di luci ed ombre, reso da Sargent con la propria ben nota abilità, riesce letteralmente a fondere la stoffa dell’abito con rocce e fiori circostanti, rievocando la maestria scultorea classica di quelle statue – penso all’Apollo e Dafne di Bernini – in cui risulta difficoltoso distinguere gli elementi riferibili ai protagonisti da quelli floreali che li avvolgono.

Di fatto, uno dei soggetti preferiti dell’artista, nonché compagna di viaggio, tanto da apparire in numerose altre opere, soprattutto collocate in ambiente alpino, realizzate sua ad acquerello che ad olio.

La scelta stessa di rendere il corso d’acqua attraverso una tonalità tanto scura, provoca un notevole contrasto in grado di sottolineare la vaga inconsistenza materiale della fanciulla rispetto ad una natura, nelle sue manifestazioni, pur accogliente, ma non sottomessa.

Conquistato, atteggiamento all’epoca piuttosto comune, da ambienti orientaleggianti e abitudini esotiche, Sargent, nel 1880, raffigura una donna, ad un primo sguardo facilmente confondibile con una sorta di ecclesiastica madre badessa, in realtà avvolta da un candido drappo volto a facilitarne l’inspirazione dei fumi d’ambra grigia, una rara e preziosa sostanza proveniente dal capodoglio, uno tra i pochi appartenenti al mondo animale in grado di secernere una sostanza aromatica particolarmente concentrata.

Durante la combustione, l’ambra grigia, sviluppa un odore intenso e gradevole – per tale motivo, in passato era molto richiesta dai profumieri, mentre oggi è spesso sostituita da molecole sintetiche – la cui inalazione totale, attraverso il corpo e non limitata alle vie nasali, si dice sia in grado di avvolgere ogni circuito vitale del corpo producendo effetti curativi, che qualcuno paragona alle moderne cure a base di estrogeni.

Appartenente alla tradizione iraniana e marocchina, ove non è raro constatarne anche l’ingestione o l’utilizzo nella preparazione del tè, è possibile acquistarne la tintura naturale, ovviamente provvista di apposito certificato etico tale da escludere maltrattamenti sugli animali.

Non c’è da stupirsi che nel 2007, a Venezia, sia stata organizzata una mostra molto importante incentrata su John Singer Sargent e gli artisti a lui stilisticamente accostabili, tra i quali Ettore Tito e Luigi Nono, degna celebrazione da parte di una città amata, a propria volta caratteristicamente in assonanza con pratiche e armonie orientali…

John Singer Sargent (1856-1925), Smoke of Ambergris, 1880, olio su tela, 139.1×90.6 cm., Clark Art Institute – United States
Immagine: web

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