La paura? è il prezzo da pagare per la nostra immaginazione

DI MARIAESTER GRAZIANO

Lo dice il dottor Lecter, la paura è il prezzo da pagare per la nostra immaginazione.
Così ci spingiamo un po’ più in là, mettiamo lacci gialli sul passo, anelli al dito indice del giudizio, papillon tra le vocali.

Dipingiamo, scriviamo, compromettiamo manopole di frequenza, spostiamo geografie.
Metti ora che oltre l’orizzonte vedi precipitare la luce e, tutto con la potente immaginazione, provi a fare a Dio, a salvare pure il sole.

Cominci a mandare lettere all’equatore, alle 4 di mattina, al dolore mescolato all’ aspirina tra le rovine di New York.
Puoi pensarci su, lo stile tipo Ungaretti oppure Blake, cominciare senza un Caro.

Quando lecchi poi il francobollo, il gusto classico del cartone come di valigia delle Nuove Americhe degli anni 30, allora saprai di aver sbagliato la lingua.
Avrai paura che nessuno sappia più cosa voglia dire Ti amo.

Avrai paura di sapere che l’indirizzo non è mai stato esatto.
Hanno già traslocato da tempo.

Immagine tratta dal web

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