LA SECONDA ONDATA DI COVID IN EUROPA

DI VINCENZO SODDU

Sono stato all’estero, lo confesso, ho peccato. Cinque giorni a Parigi e cinque giorni a Bruxelles.

Quando sono arrivato nella capitale francese la situazione era tranquilla, mentre ora leggo che è arrivata la cosiddetta seconda ondata (estremo neologismo di quest’era Covid). Certo, non era la Parigi che ho sempre conosciuto, colma di turisti in ogni quartiere, c’era molta preoccupazione, tanti esercizi chiusi, estrema attenzione alle norme anticontagio nei locali. Una compostezza che in fondo è profondamente francese, nonostante il rimpianto per la rinuncia alle vacanze da parte di americani e giapponesi, e per quella obbligata degli spagnoli, ma con la voglia di ripartire dentro, il simbolo di questa ripartenza in quella cattedrale, umiliata ma sempre fiera di svettare oltre il fiume.
Senza sospettare nulla ho seguito i miei programmi e sono arrivato con il treno a Bruxelles.
Qui ho toccato con mano la seconda ondata, improvvisa, che non avevo messo in conto, ma che era scoppiata nei giorni precedenti al mio arrivo. Ho messo la mascherina ininterrottamente per 12 ore al giorno, diligentemente, come prescritto, come tutti gli altri attorno a me. Epicentri Bruxelles, Gand e Charleroi, le città che avevo scelto.
Tre sono le condizioni legate a questa fase: uso della mascherina anche all’aperto, con una cervellotica distinzione tra strade trafficate e strade meno trafficate, il limite di 200 persone per gli eventi all’aperto e uno strano protocollo che limita a cinque i contatti per i residenti. È chiaro che vedere la situazione con gli occhi di un turista attenua la drammaticità dei proclami. Passeggiando per le meravigliose strade del centro della capitale belga io in realtà ho visto tanti contatti, ma sempre regolati dall’uso della mascherina e a distanza di sicurezza. Tornando in Italia, però, mi rimane di questo paese a volte contraddittorio soprattutto l’incontenibile voglia di vivere di un popolo spensierato. In questi dieci giorni non ho visto isteria, ma tanta civiltà, il rispetto delle regole e l’esercizio del diritto di continuare a svagarsi nonostante le difficoltà. Ecco, credo che questa sia la chiave d’interpretazione giusta. Nessun allarmismo e rispetto delle regole. Si può continuare a vivere, persino a divertirsi. Chiudere un’altra volta sarebbe un errore imperdonabile, anche per l’Italia.

Scatto di Vincenzo Soddu

 

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