STORIA DEL MONDO CHE È TORNATO A CORRERE E DI UNA AMICIZIA NATA DA POCO

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

 

Se ne stava lì, dall’alto del suo albero preferito a guardare ciò che le offriva la vita.
A volte timorosa, altre spaventata per gli improvvisi rumori, altre ancora con quella curiosità disarmante che le riempiva gli occhi.
Il mondo era, come per incanto, diventato silenzioso, non lo temeva più e le sue passeggi ate sulla terra ferma, aumentavano.

Quelle di chi, chiuse in casa, per il lockdown invece diminuivano e mentre per lei, questo magico silenzio diventava rifugio e culla, per «l’umano», tutto questo si trasformava in incertezza, domande a cui non sapeva rispondere, dubbi da sedare.
Saremmo tornati a poter uscire, respirare la vita, riempirci gli occhi di cose nuove un giorno?
Tutto sospeso: «l’umano»in casa, e lei, in giro, in quella macchia di verde, sempre più verde, da cui udiva bene il suono del ruscello che la attraversava, e che diventava colorata dai fiori che crescevano rigogliosi al suo interno.
Arriva il giorno, anche per «l’umano»in cui è consentito uscire di casa, niente traffico o voglia di confusione, ma bisogno di natura, verde e pace.

Fu in quel primo giorno che, i passi dell’«umano»si confusero con i suoi.
Incerti i primi per quel senso di ritrovata libertà a cui, tanto anelava ma che quasi non sapeva come gestire.
Spaventati i secondi, da quella presenza che di punto in bianco, si palesava per creare scompiglio in quello spazio tutto suo che per tanti giorni aveva potuto godere appieno.
E poi, maledizione, come se non bastasse, il tutto accade proprio nel giorno in cui aveva deciso di spostare il suo piccolo su un albero differente, magari più sicuro.
L’«umano» la vede, con il piccolo in bocca, spaventata, tremante, si blocca, comprende la paura, e non vuole fare nulla per creare problemi.

Allora lei decide di correre più che può, veloce, senza far cadere il suo piccolo, attraversa il breve spazio che li separa, ma prima di saltare sull’albero e nascondersi bene, lancia uno sguardo misto tra spavento e ringraziamento a chi le ha concesso questo spostamento in modo sicuro.
Inutile cercarla con lo sguardo, non la si trova più, si è nascosta e sicuramente guarderà dall’alto quegli strani tentativi per identificarla nuovamente.
L’«umano», ama fotografare, ma in quel momento non si muove, conserva quell’esperienza tra gli incontri particolari che le sono capitati, nessuna prova tangibile, l’importante è che sia lei che il suo piccolo siano al sicuro.
Trascorrono i giorni, il mondo lentamente torna a popolarsi, in quella macchia verde, dove invece continua a regnare il silenzio, vi si recano in pochi, forse sono quelli che già rimpiangono quegli attimi di pace, o forse sono quelli che amano pensare ed apprezzare quanto la natura, sia stata in grado di proseguire il suo percorso senza interferenze «umane».

Così, quella macchia verde, diventa un must, l’«umano»la percorre con costanza, sollevando la testa, osservando quegli alberi imponenti, ed avendo la sensazione di essere osservata.
Tra un passo e l’altro il silenzio, riempito da un :«vieni qui dai, lasciati vedere».
Una sorta di nenia cadenzata, che lei ascolta e memorizza forse, chissà…
L’ora della passeggiata, resta sempre la stessa, anche il percorso.
Si sente sempre il rumore del ruscello, i prati sono fioriti, ed entrambe sanno che si incontreranno nuovamente.
Difficile guadagnare la fiducia di chi solitamente sta da solo, difficile anche essere costanti, ma la costanza premia, soprattutto quando decidi di accompagnare ai passi, una ricompensa in cibo.

Allora ti riempi le tasche di noci e nocciole e sai che rinunciare a quel cibo sarà complicato.
Altra passeggiata, altri inviti a farsi vedere, e così, un giorno dei tanti, si muovono le foglie, guardi in alto e vedi la sua coda, sbucare tra i rami.
L’«umano» si blocca, gli sguardi si incrociano, trascorrono attimi preziosi.
La mano scivola verso la tasca, afferra una noce, lei resta lì immobile.
La mano afferra la noce e la lancia, distante da se, ma vicina a lei.
In quel tempo che si ferma occorre prendere una decisione:«risalgo e ignoro il tutto?, oppure scendo ed afferro il boccone?».
Avrebbe paura anche l’«umano», quello che troppe volte nella vita si è fidato delle persone sbagliate.
Ma lei, deve aver compreso che non ci sarà nulla da temere, deve aver osservato gesti, ascoltato la sua voce, e così decide di scendere da quell’albero.
Afferra la noce, risale sul tronco, ma prima di sparire nuovamente, lancia il solito sguardo.

Che sia il suo modo di salutare? L’«umano»non lo sa, sa solo che si può già ritenere soddisfatto così.
Con il sorriso nascosto dalla mascherina e qualche scatto rubato, di questo evento, prosegue il suo cammino.
Da quel giorno in poi, questi gesti diventeranno una prassi, la passeggiata, il ruscello, il rumore delle foglie, l’albero, la discesa veloce, il lancio della noce.
Solo una cosa cambierà: la distanza del tiro, che diventa sempre più distante dall’albero e sempre più vicino all’«umano».
Lei lo sa, si accorge e nicchia, comprende che forse vale ancora la pena riporre fiducia perché non tutti la tradiscono.
Comprende che non c’è cattiveria in quel:«vieni, fatti vedere!», comprende che in quell’incontro nessuno approfitta dell’altro.

Nasce una nuova amicizia, basata sul rispetto, sui silenzi che dialogano, su quegli sguardi che si intendono.
La noce, l’«umano»non la lancia più, la appoggia sul muretto e lei, si avvicina, la afferra, non corre più via subito dopo, ma si ferma lì.
Restano in silenzio, occhi negli occhi, lei anche un po’ vanesia, ha imparato a posare.
L’«umano», inquadra e scatta quando la diffidenza lascia il posto alla fiducia e premia la costanza.
Anche questa è una storia nata quando il mondo si chiudeva nella preoccupazione totale.
Ha regalato attimi di mente libera e serenità, ha mostrato al regno animale che gli uomini non sono tutti da temere, ed agli «umani» quanto il mondo si colori con la loro utile presenza.
In quella macchia verde, quel ruscello continua a scorrere, il tempo si dilata fermandosi, la preoccupazione ha ceduto il posto all’amicizia.

Il personaggio principale è uno scoiattolo, battezzato con il nome :«codina».
L’«umano», io.
La macchia verde, resterà un luogo «segreto», proprio perché: non tutti amano gli animali e non si rendono conto che, loro lo sanno e fanno bene a tenere le distanze da cotanta «civiltà»…

©® foto limian

 

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.