Le aquile e il cielo

DI ANTONIO MARTONE

 

Affascinante e terribile
Del domani il mistero
Fin da sempre ci avvolge
E la smania ci segue
Di nasconderci pavidi
Della nascita
Della nascita quel giorno lontano

Nudi alla nascita
Quante pene
Quante pene per guardare nel mondo
Sforzi immensi
Per amare
Per amare la luce del sole

Altissime torri
Di pietra dura costruite
Insensate
Ci circondano spesse
Inutile sforzo
Della nascita il giorno
Sulla fronte ci è scritto
E ci segue
E permane impietoso
Quel marchio
Ricordandoci il tramonto senz’alba
Verrà un giorno
Un tramonto senza nuovo mattino

Godiamo dunque
Di questa terra straniera
Amara
Dolcissima terra
E ignota
Questa terra di rose odorose
Da mandorli in fiore e mattutina rugiada
Adornata
Da una guerra incessante
Nelle città più fumose
E nelle oscure foreste

Ad ogni istante
Adornata
Gioiamo
In questo mondo straniero
Dove nulla
Il Nulla soltanto
Ci appartiene davvero
Il nulla gelato
Il nulla del cielo infinito
Ignoto da sempre
E per sempre
A chi nacque da un corpo di carne

Le aquile invece
Io lo so
Le aquile conoscono il mondo
Con lo sguardo rapace puntato
Sempre puntato nel cielo infinito
Le aquile senza timore
Senza timore bucano l’aria
Non pensano
Ai fronti di guerra
Non pensano ai gelsi e ai colori
Né si curano dei mandorli in fiore

Noi siamo
Siam soltanto piccoli uccelli
Timorosi del cielo e impauriti dal suolo
Attoniti
I gabbiani plananti su pesci guizzanti
Guardiamo
Vivi banchetti i sogni degli uomini
Di gabbiani plananti
Su piccoli pesci
Guizzanti
Piccoli pesci guizzanti
E impauriti
Guizzanti nel cielo infinito

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