Lugano addio

DI CARLO MINGIARDI

Non ha chiuso occhio Maddalena, la sua mente era  intricata da pensieri inutili tutta la notte, però alla luce del sole che filtra mattiniero dalle finestre, mostra una tranquillità assoluta.
“ Non pensavo fosse così semplice, non sono agitata”,
sono gli altri che camminano nervosamente attraversati da un dolore incontenibile.

“ Mi sento come un torero nell’arena, è troppo tempo che detesto la vita, sono certa di fare la cosa giusta, devo prendere questo toro per le corna”.
Ha programmato quel giorno nei minimi dettagli.

Chiama il marito per farsi aiutare a vestire, senza di lui non può fare niente, lui è le sue braccia e la sue gambe, sceglie una tuta da ginnastica grigia, è comoda per quell’occasione.
E’ una donna minuta, capelli biondi con un accenno di ricrescita, occhi scavati che sembrano ancora sorridere.

“ Non c’è l’ho fatta tre anni fa a suicidarmi, mi hanno preso per i capelli, ho odiato quei medici e infermieri, non avrebbero dovuto”.
Allora si è organizzata, su internet ha trovato la clinica in Svizzera e ora sta per partire.
Il marito e la figlia l’hanno scongiurata di non farlo, ma Maddalena aveva deciso da un pezzo, era stanca di quella “non vita”, non aveva più senso percorrerla.

La sclerosi l’ha demolita giorno dopo giorno, le ha tolto tutto, le ha frantumato il corpo e la capacità di pensare ad un futuro. E’ una malattia subdola, come la goccia che cade dal rubinetto, è capace di scalfire qualsiasi roccia.
“ Sono stati troppi anni difficili, ho guardato le giornate trascorrere senza parteciparvi, mi sento come una statua di travertino, bianca, gelida, immobile.

L’unico dispiacere è lasciare loro: Emanuele e Pamela, ma questa cosa la faccio solo per me.
Ho paura per mio marito, è un uomo fragile, troppo. Mia figlia è come me, prende le cose di petto, come una palla da bowling, butta giù birilli con una facilità disarmate, mi preoccupa di meno”.

Nella sua razionalità, Maddalena ha organizzato tutto, non ha lasciato niente al caso, ha scritto su un quaderno le cose da fare senza lei, ha programmato la loro vita che verrà dopo quel giorno.
Arriva sua figlia per avvisarla che è arrivato il taxi, ha gli occhi lucidi, sembra un cucciolo sperduto.

“Ho sempre pensato che non ci sia niente dopo la vita, rimane solo un corpo da cremare e poche ceneri da gettare al vento. Non sono spaventata, curiosa sì.
Mi piacerebbe partecipare al mio funerale, vorrei vedere le facce di tutti e ascoltare quello che dicono.

Che follia”.
Maddalena voleva andare da sola, ma marito e figlia l’hanno scongiurata di poterla accompagnare, allora ha acconsentito, però come condizione ha messo che nella saletta con il medico voleva essere sola.

Il mercedes bianco parte con i tre a bordo, direzione Lugano, Maddalena guarda fissa davanti a se facendo finta di non gettare l’occhio sul panorama mozzafiato, nessuno ha il coraggio di parlare.
Arrivano davanti alla clinica anonima, dallo stile minimalista.

Un ingresso elegante, la reception in radica di noce, corridoi asettici, profumo di medicinali.
La saletta con il letto candido, un’ampia vetrata sul lago.
Arriva il medico dopo una decina di minuti,
“ Signora è sicura?”
“ Sono certa che dobbiamo morire tutti prima o poi”.
Passa un altra mezz’ora per sistemare la parte burocratica.

Arriva un’infermiera con il farmaco, lo inietta nella flebo, chi occhi di Maddalena si chiudono, quelli di suo marito vanno in frantumi.

Sono le 17,25 di una gelida giornata invernale, il sole sta tramontando sul lago, la figlia Pamela esce dall’edificio, a passi lenti e coraggiosi attraversa la strada, si infila nel bar di fronte, ordina un prosecco e brinda a sua madre:
“ Ora sei finalmente libera!”

Immagine tratta dal web

 

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