«L’uomo delfino», un documentario che ci apre un mondo

DI GIOVANNI BOGANI

Dici “Jacques Mayol”, e pensi a quella rivalità con Enzo Majorca: quella gara combattuta negli anni ’70 a colpi di record, a chi riusciva ad andare più giù, sempre più giù nel profondo del mare, senz’altro aiuto che i propri polmoni, vincendo la paura e spingendo la resistenza umana fino ai limiti. Jacques Mayol era il rivale del “nostro” campione, il siciliano Majorca, in una corsa a superare il record dell’altro. Beh, ora scopri che è stato molto di più.

È in sala, soltanto da oggi a dopodomani – evento speciale, distribuito da Wanted – il film “L’uomo delfino”. Un documentario, ma di quelli potentissimi, che ti aprono un mondo. È un viaggio dentro una vita inquieta, complicata, esaltante e tragica.

Una vita che è un romanzo. Jacques Mayol, nato nella Shangai coloniale, cresciuto in Francia, vissuto negli Stati Uniti, in Svezia, alle Bahamas, in Giappone, in India, seduttore impenitente e verrebbe da dire innocente, uomo libero, innamorato del mare, della sua profondità.

Primo uomo a scendere a 100 metri sotto la superficie, dove tutti dicevano sarebbe morto. E invece è riemerso, quella volta e tutte le altre. Per poi infilarsi volontariamente nell’abisso, togliendosi la vita un giorno di quasi Natale del 2001, nell’isola d’Elba che aveva eletto a rifugio. I suoi amici elbani gli hanno eretto un monumento. Sott’acqua, naturalmente. A sedici metri di profondità.

 

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