Maltrattamenti a scuola: elogio del dirigente

di Vittorio Lodolo D’oria

Più volte ho riconosciuto che il compito del dirigente è arduo e non tutti – di conseguenza – sono all’altezza. A tal proposito merita trattare un aspetto che risulta molto controverso circa i doveri del capo d’istituto alle prese con il sospetto di Presunti Maltrattamenti a Scuola (PMS).

La prima difficoltà interviene nel preciso momento in cui alunni o genitori denunciano al preside comportamenti maltrattanti della maestra. Intervengono qui due scuole di pensiero di cui la prima vuole che il dirigente, “nella sua veste di pubblico ufficiale, ha l’obbligo di denunciare una notizia di reato (art. 331 c.p.p.)”. La seconda (che si ispira al 2° comma dell’art. 40 del c.p.) predilige invece l’intervento del preside con i mezzi a sua disposizione perché “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”.

Non ho alcun dubbio che sia proprio la seconda via quella da prediligere e ne spiego di seguito il perché: a) l’intervento a tutela della piccola utenza, verosimilmente esposta ai PMS, richiede un’azione tempestiva che non può attendere i lunghi tempi di un’indagine giudiziaria; b) l’azione tempestiva può essere garantita esclusivamente dal dirigente scolastico con i mezzi a sua disposizione (vigilanza, affiancamento, sospensione, accertamento medico, sospensione cautelare etc); c) le denunce effettuate direttamente dai bimbi vanno verificate almeno quanto quelle de relato dei genitori perché, come sostenuto dal legale di una maestra, “all’Autorità Giudiziaria (AG) deve essere sporta la denuncia di un reato e non di un fatto qualsiasi”; d) la pronuncia di un’eloquente sentenza della corte di Cassazione pare dirimere il contrasto tra gli articoli di legge sopra citati: “deve essere confermato l’arresto della dirigente scolastica per il reato di maltrattamenti ai danni di alunni della scuola, ove l’indagata svolgeva le proprie funzioni di direttrice, allorché sia emerso dall’istruttoria che la stessa aveva omesso di esercitare i poteri di vigilanza, controllo, segnalazione e denuncia, non impedendo così i maltrattamenti agiti da altra insegnante – Cassazione n°38060 del 18/07/14”.

Peraltro, non è affatto casuale la sequenza con la quale la Suprema Corte richiama i doveri della dirigente che sono nell’ordine la vigilanza, quindi il controllo, poi la segnalazione e, solo da ultimo, la denuncia. In altre parole, la Cassazione conferma che il dirigente scolastico è investito di un ruolo e possiede precisi compiti da svolgere cui non può derogare limitandosi a fare da passacarte delle altrui (di genitori, bimbi e colleghi) denunce.

L’intervento tempestivo e appropriato del dirigente scolastico ha dunque il triplice vantaggio di tutelare immediatamente i minori, affrontare la questione con persone addette ai lavori operanti in ambiente scolastico e non includere costi extra.

Ed è proprio dai costi delle indagini che discendono ulteriori considerazioni. Decidere di affrontare un caso di PMS ricorrendo all’AG anziché al dirigente scolastico, equivale ad affidare deliberatamente una questione professionale a non-addetti-ai-lavori (cioè a professionisti esterni alla scuola e dunque “profani”), investendo cospicue risorse strumentali (10-15.000 euro per il solo noleggio delle telecamere) e di personale (inquirenti, magistrati, legali, periti e via discorrendo). Investimenti ancora più raccapriccianti, se letti alla luce delle parole di giudici che hanno ritenuto i PMS loro sottoposti alla stregua di “episodi che non integrano la soglia del penalmente rilevante, ma esauriscono la loro censurabilità in un provvedimento disciplinare”. A tal proposito vale la pena considerare che per quanto il fenomeno di PMS sia aumentato di 14 volte in sei anni (2014-2019), non si è registrato alcun caso grave o episodio di “sangue” come invece si osserva tra le mura domestiche. Di ben altra gravità – sostiene un magistrato milanese che se ne occupa quotidianamente – sono infatti i maltrattamenti in famiglia.

Per queste ragioni ritengo che sia da elogiare il comportamento del dirigente scolastico intervenuto in un caso di PMS, prima accertando la natura delle accuse di bimbi e genitori nei confronti della maestra, quindi convincendo – in poche ore – la stessa a chiedere di essere sollevata dall’incarico. Inutile dire che l’allontanamento della maestra avveniva tempestivamente, proprio grazie al capo d’istituto, mentre le telecamere della AG, ancora operanti con le indagini in corso, all’insaputa del preside stesso, confermavano solo in parte i riscontri alle accuse dei denuncianti.

Di sicuro sarebbe paradossale accusare il dirigente di omertà, o peggio di favoreggiamento, solo per aver invitato la maestra stessa a far domanda per essere sollevata dall’insegnamento dalla classe che non la voleva. Il preside infatti aveva piuttosto tutelato la dignità di una docente di lungo corso, peraltro apprezzata in altra classe dove insegnava 18 delle 21 ore settimanali. Il capo d’istituto, così facendo, non tutelava esclusivamente i bimbi ottenendo il rapido allontanamento della maestra, ma preservava il lavoratore stesso dal clamore mediatico delle indagini.

In una parola, il preside non si è “schierato” con una sola delle parti, ma ha difeso l’istituzione scolastica, il suo buon nome e contemporaneamente tutti gli attori che la compongono (alunni e maestra in primis). Gesto di grande sensibilità infine il fatto che il capo d’istituto richiederà in seguito il supporto psicologico anche per la classe che resterà orfana della maestra prevalente (18 h) sottoposta più avanti a provvedimento di sospensione cautelare. La maestra in fondo è considerata come una seconda mamma.

Tra le altre curiosità del caso in esame vi è anche quella del ricorso alle intercettazioni telefoniche da parte degli inquirenti che non hanno ritenuto sufficienti le telecamere nascoste nelle aule. Dei 68 casi di PMS che mi sono finora trovato a seguire, questo è l’unico in cui le utenze dei telefoni cellulari del dirigente e di una maestra sono state messe sotto intercettazione (con ulteriori costi per l’erario).

Davvero la scuola necessita di questi sistemi da servizi segreti per funzionare bene? Non sarà che stiamo sparando alla mosca col cannone? O forse stiamo ricorrendo alla medicina sbagliata per curare le conseguenze del rapporto scuola-famiglia gravemente malato?

Restituire al dirigente competenze e responsabilità eviterebbe improprie invasioni di campo che non risolvono i problemi della scuola e gravano sui costi dell’erario limitando così gli interventi laddove invece occorre una reale azione della giustizia.

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