Moluk e Vervy: un incontro da non dimenticare

DI CARLO MINGIARDI

Pierpaolo era un ragazzino di dieci anni, viveva con i genitori e sua sorella in una abitazione fuori città ai confini con il bosco.

Era quasi la fine dell’estate ed era prossimo ad iniziare di nuovo gli allenamenti a calcio, sentiva che fiato e muscoli erano intorpiditi dalle recenti vacanze per cui quel pomeriggio aveva deciso di uscire per fare una corsa sul sentiero preferito che portava al vecchio fontanile.

Mentre correva concentrato a dove mettere i piedi, ebbe la sensazione che qualcuno lo stesse osservando. Più andava avanti e più questa sensazione aumentava. L’inquietudine poi aumentò all’udito di rumori strani, che non aveva mai sentito prima, era come se venissero da un altro mondo.

Decise di fermarsi per prestare maggiore attenzione, ma non vide niente.
Fu solo quando arrivò all’altezza del ponticello che attraversava il torrente che vide con enorme stupore sullo spiazzo erboso antistante, un oggetto dalle dimensione di un automobile, ma non gli somigliava per niente.

Aveva la forma di un disco allungato, dalla sommità fuoriuscivano delle strane appendici metalliche che si muovevano come i tentacoli di un polipo, era contornato da migliaia di luci puntiformi intermittenti dal colore violaceo, ma la cosa più straordinaria era che non poggiava in terra, era sospesa in aria.

Pierpaolo rimase incantato a guardare quella visione, quando improvvisamente si senti sollevare da braccia sconosciute.

Quando vide i due esseri dietro a lui, il terrore esplose in tutta la sua potenza.
Erano due figure diafane, molto alte, non avevano niente di umano, somigliavano più ad una misteriosa medusa luminescente.

Avevano due appendici robuste che potevano somigliare a delle lunghe braccia, quello che doveva essere il volto ricordava i lineamenti di una mantide religiosa.
Lo stavano conducendo inesorabilmente verso quello strano oggetto, il ragazzo voleva urlare ma era paralizzato dal terrore.

Continuava a guardare le luci puntiformi che si avvicinavano sempre di più, fino al momento in cui entrarono tutti e tre nella navicella.
Inizialmente il buio era totale, gli esseri avevano lasciato la presa e lui si ritrovò seduto su una superficie morbida calda, poi pian pianino inizio a vedere più chiaramente.

Quelle due strane creature erano di fronte a lui, iniziarono a parlare la sua stessa lingua e dissero subito:
“non aver paura, non ti faremo alcun male, tra poco tornerai a casa”.

Il ragazzo pensò inizialmente ad un rapimento, seppure decisamente al di fuori degli schemi e realizzò che i genitori non potevano permettersi di pagare un eventuale riscatto.

Una dei due alieni continuò il discorso:
“mi chiamo Moluk e il mio compagno si chiama Vervy, veniamo da una galassia lontanissima, il nostro pianeta è Fraternity. Siamo venuti sul pianeta Terra per studiare il comportamento di voi umani”.

Parlava in modo calmo, rassicurante, le parole sembravano che uscissero da una pentola piena di acqua in ebollizione, parlava di cose che Pierpaolo non riusciva a capire fino in fondo.
“la nostra civiltà è molto antica, abbiamo raggiunto un grado di evoluzione inimmaginabile per voi umani, stiamo osservando da tempo i vostri comportamenti dissennati, ci siamo resi conto che state portando il vostro pianeta sull’orlo del collasso come successe a noi molto tempo fa.

Abbiamo deciso di venire per raccogliere la vostra diretta testimonianza”.
Pierpaolo era incredulo a quello che sentiva, tutta la situazione era surreale ma prese coraggio e domandò:
“perché avete scelto un ragazzo e non una persona adulta?”

A quel punto prese la parola Vervy:
“non abbiamo bisogno di grandi opinioni, di illustri pareri, ma di risposte semplici e sincere, quelle di un ragazzo”.
Gli chiesero di parlargli della scuola, dei suoi amici, dei suoi genitori, dei suoi sogni.

Ascoltavano con interesse ogni parola del ragazzo.
Dal canto loro gli raccontarono che sul loro pianeta vivevano tutti in perfetta armonia, non esistevano guerre, non esistevano ricchi e poveri, tutti lavoravano in pace e fratellanza.

Gli dissero inoltre che non sarebbero venuti sulla Terra per distruggerla né sottometterla anche se lo avrebbero potuto fare con semplicità, non era quello il loro intento.

Proseguì Moluk:
“noi vogliamo solo conoscere il vostro comportamento, il vostro modo di vivere, capire meglio perché da voi esiste l’odio, l’indifferenza, la guerra, la diseguaglianza sociale, quella razziale.

Perché non rispettate tutte le creature che popolano il vostro pianeta, perché lo state portando sull’orlo dell’autodistruzione.
Vogliamo sapere se voi terresti potete essere pericolosi per tutto l’universo”.

La conversazione finì così, accompagnarono Pierpaolo fuori dalla navicella e lo salutarono. In una frazione di secondo il mezzo schizzò via nel cielo.
Il ragazzo rimase confuso, frastornato da quella incredibile esperienza.

Mentre tornava a casa ripensava alle parole che gli avevano detto quei due esseri venuti da tanto lontano, di quanto fossero stupiti dalla grande quantità di odio che dominava nel nostro pianeta, superando di gran lunga il bene e l’amore.

Provò un grande senso di vergogna per come è considerato il genere umano nell’universo.

Immagine tratta dal web

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