NERI PER CASO, CON I BEATLES NEL DNA

DI GINO MORABITO

Tutti vestiti di nero. Senza uno strumento musicale ad accompagnarli ma solo le loro voci a tenere il ritmo, la percussione e la grancassa. Era il 1995 quando Pippo Baudo li presentò al Festival di Sanremo.

Oggi i Neri per Caso spengono le prime venticinque candeline di attività e sono in pista più che mai.

Ci ha aperto le porte di casa Mario Crescenzo, in un racconto verace di sei ragazzi campani che cantano l’amore per i Beatles. Lo fanno a loro modo, acappella. Deliziandoci con virtuosismi vocali che sfidano il tempo e continuano ad affascinare le nuove generazioni.

Ciro, Gonzalo e Domenico Caravano, Mario Crescenzo, Massimo de Divitiis e Daniele Blaquier (che dal 2015 ha sostituito Diego Caravano) in scena con We love The Beatles, un progetto interamente dedicato ai Fab Four di Liverpool.

«Nella prima versione dei Neri per Caso, quando ancora ci chiamavamo Crecason (acronimo delle iniziali dei cognomi Crescenzo e Caravano, più il suffisso “son” ispirato dai Jackson 5, N.d.R.), i nostri primi vagiti a cappella erano già permeati di Beatles, uno dei primi arrangiamenti fu proprio Michelle. Poi, dal 1995, quando ci siamo fatti conoscere dal grande pubblico televisivo, abbiamo cominciato a nutrire il grande sogno di dedicare un album ai Fab Four, ed ecco che a distanza di anni è arrivato We love The Beatles.»

I Neri per Caso cantano il loro amore per i Beatles in uno speciale appuntamento per La voce della terra. Una voce che fa eco nella propria terra di appartenenza.

«La voce della mia terra è piena di musica, ricca di sonorità. C’è sempre stato come una sorta di ritmo tribale a vibrare dentro la nostra cultura e, negli ultimi anni, stiamo assistendo a un formidabile recupero della tradizione popolare, del folklore, che ritengo siano proprio la nostra pancia… Mi ricordo da bambino i balconi aperti: andavo a scuola e la musica mi rapiva, mentre le signore rassettavano casa. Da quei balconi aperti usciva la musica popolare, ed è un’immagine vivida che mi prende sempre alla pancia.»

Ricordi suggestivi di uno straordinario percorso artistico fatto di incontri che hanno lasciato una traccia.

«Ancora increduli, abbiamo visto Gino Paoli entrare in studio per duettare con noi. Oltre alla sua voce, alla sua musica, sono rimasto attratto dal fascino, dallo stile, dal carisma di un uomo che è arrivato lì col suo pacchetto di sigarette in bella mostra, ne ha accesa una, ha cantato e… buona la prima.»

Collaborare è riuscire a mostrare la propria individualità per condividerla con gli altri. Condivisione che, durante gli spettacoli, diventa una forma di comunione con il pubblico.

«Sarà perché cantiamo senza strumenti, quindi arriva più calore, ma il rapporto con il nostro pubblico è di quelli carnali. Dobbiamo avere un contatto fisico con loro, scendendo dal palco per andare a toccarli, abbracciarli. Durante le nostre esibizioni, oltre all’aspetto artistico, vorremmo riuscire a trasmettere il nostro lato più umano.»

Profonda umanità dei Neri per Caso, che si declina concretamente nell’impegno sociale con il sostegno all’associazione mondiale CoorDown.

«Siamo entrati in contatto con l’associazione grazie a una coppia di fidanzati affetti dalla sindrome di Down. Lei lavorava in un fast food… mi ricordo che siamo entrati nel locale e abbiamo fatto una sorta di capannello da cui, mentre cantavamo Come away with me di Norah Jones, è comparso lui con le chiavi in mano a proporle: “Vuoi venire a vivere con me?”. Da allora, la tenerezza disarmante di quei due ragazzi speciali ci ha portato a restare in contatto con l’associazione CoorDown, nel tentativo di sostenerla il più possibile.»

Un atteggiamento, un modo di essere, quello del prendersi cura, da trasmettere alle generazioni future. Così come l’apertura alla vita.

«Si sentono ancora troppe storie di ragazzi che continuano a guardare indietro, ragazzi inariditi dentro che cadono nella violenza, negli abusi. A loro auguro di avere mente aperta, desiderio di conoscere e capacità di accogliere l’altro. Solo così saranno detonatori di cambiamento.»

Giovani e giovanissimi a cui raccontare, nel tempo di una battuta, chi sono i Neri per Caso.

«Risolvo la questione molto semplicemente. Rivolgendomi a uno di loro direi: “Chiedi a tua mamma, sicuramente ci conosce!”.»

Quelle ragazze di ieri, protagoniste di un testo che sembra essere stato scritto con venticinque anni di anticipo sul nostro stupore.

«Goliardicamente ti direi che le ragazze sono diventate le signore. Scherzi a parte, anche nello spettacolo We love The Beatles, così come in tutti gli altri che abbiamo proposto, guai a non cantare Le ragazze! È una canzone evergreen entrata a far parte del patrimonio della nostra musica popolare e, a distanza di venticinque anni, ha un testo ancora tremendamente attuale: “Si può amare da morire ma morire d’amore no!”.»

 

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