Parole tattili

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Che l’infanzia fosse attraversata da un sentimento percettivo, me ne ero già accorta all’età di quattro anni, quando una maestra dell’asilo mi prese in braccio e mi portò la mano, per la precisione i polpastrelli, su una tavola tattile liscia/ruvida per farmi toccare la lettera M dell’alfabeto.

Sì, proprio così: imparare le lettere dell’alfabeto, percorse con le dita, tra contorni ruvidi della lettera e lo sfondo liscio su cui essa era inserita, era un modo per stimolare quella attività sensoriale che mi avrebbe permesso di fare attraversare la parola tra pensiero e concretezza.

Col tempo ho compreso che toccare e percepire è un bisogno fondamentale del bambino, l’espressione di un gesto attivo, metafora del corpo che si avvia a penetrare gli spazi e a saperli gestire.
Gli oggetti, i loro contorni, la loro posizione, il loro peso, il rapporto tra noi e loro, vivono nell’infanzia con noi, in forma di confronto, in cui sono implicate emozioni e sentimenti.

Io la ricordo ancora quella lettera M, ricordo che mi riportò immediatamente l’immagine di mia madre. Attraverso le mie dita riuscivo a ricostruire il suo volto, il suo saluto, il suo abbraccio prima di lasciare la casa, il nido sicuro, prima di essere portata in un altro luogo, per me troppo distante da casa, per un tempo che mi pareva infinito. Toccare, sentire, pensare, immaginare, ritornare là da dove mi ero allontanata, seppure per alcune ore della giornata: un viaggio che dalla scoperta di una lettera dell’alfabeto è divenuto approdo tra le parole.

E in quella traversata, fluiva con vitalità il senso di me stessa: il passato appena lasciato alle spalle, dove avrei potuto, con l’immaginazione, sovrapporre suoni, cose, movimenti, facce, presto ripercorsi in un eterno presente, carichi di emozioni e di felicità.
Quel corpo – lettera diveniva per me un modo per riconoscermi, era la memoria di qualcosa che non avrei tradito né dimenticato.

Da adulta, nella mia professione di insegnante, mi è capitato di ricreare quel sistema di tavole ruvide/ lisce, chiedendo la collaborazione dei miei alunni, allorquando ragazzi di altri Paesi, linguisticamente diversi, avevano difficoltà ad entrare nel nostro sistema grafico – fonico.

E la meraviglia è stata anche quella di osservare chi, mettendosi a servizio dei compagni, riusciva a costruire quel metodo di apprendimento, cogliendone la preziosa funzione del tatto, interpretato come possibilità di memorizzazione proprio attraverso l’immagine concreta delle parole.

Immagine tratta dal web

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