Un’ impronta nel buio

DI MARIAESTER GRAZIANO

Mi diceva
“A volte devi pensare al primo respiro di Gesù appena nato dopo l’eternità in Paradiso e a quello esattamente dopo essere risuscitato. Se ci pensi per cinque minuti al giorno, seduta per bene, vedrai cosa succede al tuo respiro.

Le prime cose che sente un Dio devono essere ben poche. Un Dio passa fondamentalmente gran parte dell’eterno ad annoiarsi. Pensa ai suoi polmoni primi. Ti si riempie il costato di qualcosa di diverso? Devi sapere che ieri mattina davanti all’obitorio c’era uno che strofinava una chiave su biglietti gratta e vinci. Con paziente tristezza. Sai cosa voglio dire vero?”

Io non capivo. Certo che non capivo ma c’è comunque qualcosa che nella testa si forma, una specie di cavità come quella che immaginavo dovesse lasciare una stella quando cade.
Un’impronta nel buio. Così sentivo nella testa il silenzio intorno tipico delle persone che scompaiono, che prima ci sono col rumore di passi e bracciali e poi non ci sono più.

E poi, proprio in mezzo a questo fatidico silenzio, il grattare di tarma della chiave. Forse era la sua, quella tirata fuori dalla tasca del morto, che cercava di aprire così l’ultimo colpo di fortuna. O forse semplicemente mi voleva dire che c’è chi si siede di spalle alla morte e continua a grattare senza pensare che qualcuno ha smesso per la prima volta di respirare.

Sta di fatto che, dopo aver letto, tutti faranno questo respiro in più e lo sentiranno anche nel collo e tra le dita della mano. Sarà un poco diverso dall’inizio di questa storia.

Immagine tratta da Pixabay

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