Puglia, scuola e rabbia

DI ANNALISA PANNARALE

Puglia, scuola e rabbia. Un’ordinanza regionale odierna ha disposto la sospensione totale dell’attività didattica in presenza per il triennio della scuola secondaria dal 26 ottobre al 13 novembre. Il presidente Emiliano lo considera un passaggio necessario per riorganizzare il trasporto e intervenire sulle linee sovraffollate. Tre sole settimane per organizzare finalmente un numero di corse adeguato e senza più problemi di affollamento.

Non solo. Emiliano afferma che saranno proprio i ragazzi, le famiglie e le scuole stesse a individuare le linee di trasporto sovraccariche e gli interventi necessari. In tre sole settimane, insomma, gli studenti pugliesi, in qualità di esperti alla mobilità, risolveranno una questione annosa e complessa, colmando meritoriamente le enormi responsabilità politiche di governi nazionali e locali. E qui si può anche porre fine al ridicolo.

Di fronte alla palese inadeguatezza di interventi mirati, in fatto di trasporti o di personale medico e sanitario, Emiliano ha scelto la via più facile e a basso costo: chiudere le scuole, seppur parzialmente, e tenere a casa gli studenti, quelli più grandi, certo, che possano restare da soli senza creare troppi disagi ai genitori che lavorano. Non c’è nessuna attenzione ai bisogni formativi dei ragazzi e delle ragazze in tutto questo, ancora una volta.

Sono anni che le scelte che si agiscono sulla scuola non hanno mai a che fare con i bisogni della scuola. E sono anni che la scuola si autogestisce per non soccombere a tagli e disinteresse. Si è autogestita anche negli ultimi mesi, per riorganizzare gli spazi, per consentire un rientro in piena sicurezza, per restituire agli studenti quel diritto fondamentale alla formazione che i mesi del lockdown avevano già negato.

Non sono servite neanche queste settimane di rigidi protocolli scolastici all’ingresso e all’uscita, né ore di lezione fermi nei banchi e con la mascherina per tenersi stretto quel diritto fondamentale ad andare a scuola.

La scuola è sempre sacrificabile, prima di tutto e senza lo sforzo di operare scelte sistemiche più serie ed efficaci. Ancora di più, se si agisce nella dimensione conforme e normativa dello stato di emergenza. Il 14 novembre, per vedere se poi riapre davvero, sarà già tardi.

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