Quanta acqua occorre bere per la salute? E quale scegliere?

di Cristina Piloto (biologa/nutrizionista)

È assodato che l’acqua è la bevanda migliore da bere, seguita da caffè e tè non zuccherati, questi ultimi apportano infatti sostanze antiossidanti e contribuiscono ad una possibile riduzione del rischio cardiovascolare, se non consumati in eccesso.

Il tè può ridurre carie, perdita dei denti e calcoli renali.

Ampie revisioni di letteratura mostrano che il caffè protegge da diabete, cirrosi e cancro epatico, morbo di Parkinson, cancro intestinale, endometriale e declino cognitivo.

Restando sotto i 400mg/giorni, (circa 3-4 caffè) la caffeina non aumenta il rischio di malattia cardiaca e ipertensione.

Ma quanta acqua bisogna bere per restare in salute?

Importanti società scientifiche come quella Italiana di Nutrizione Umana (SINU) indicano come livelli adeguati d’acqua negli adulti, 2 l al dì per le donne e 2,5 per gli uomini.

Fonti accademiche, istituzionali, commerciali, e i media in genere, rilanciano tale messaggio senza discuterlo, e danno per scontato che il consumo d’acqua degli italiani sia insufficiente.

In effetti la più ampia e rigorosa indagine nazionale mostra che il consumo totale di liquidi dell’italiano adulto medio è meno della metà di quanto sopra raccomandato: 1,11 l per i maschi e 1,05 per le donne.

Un popolo di disidratati?

Difficile a credersi!

Le prove che i consumi d’acqua indicati migliorino la salute sono scarse, e i risultati non sono così significativi.

Una recente ricerca ha messo in dubbio che ci sia una “quantità d’acqua raccomandata” che si dovrebbe bere.

Tra l’altro, l’eccesso d’acqua può far danni quanto la disidratazione, perché abbassa il livello di sodio nel sangue, e ciò può dare problemi (neurologici, ecc.), specie negli anziani.

Il mito dei “2 litri al dì” può celare anche interessi commerciali.

Senza contare che, se l’alimentazione è composta per larga parte di cibi che contengono di per sé molta acqua, come verdura (cruda o cotta, a maggior ragione se in forma di zuppe e minestre), legumi, cereali integrali e frutta di stagione, con un modico utilizzo di sale, il fabbisogno ulteriore di tale elemento risulterà nettamente minore.

E quali caratteristiche deve avere l’acqua che beviamo ogni giorno? Di rubinetto o minerale?

Possibili svantaggi della prima sono i sottoprodotti della disinfezione, indispensabile per eliminare microrganismi patogeni, ma con possibile lieve aumento di tumori intestinali.

Le acque minerali all’origine sono pure, ma con prodotti di cessione dalle bottiglie in plastica: PET (polietilene tereftalato), monomeri (es. glicole etilenico), ftalati, acetone, formaldeide… che aumentano se esposte al sole.

Sono possibili interferenti endocrini, sospettati a loro volta di: riduzione di fertilità, effetti neurologici, diabete, tumori… se si aggiungono i costi da inquinamento ambientale (emissioni/consumi per la produzione, trasporti su ruote, rifiuti in plastica) e d’acquisto per le famiglie, vince il confronto l’acqua di rubinetto, dove però è possibile berla senza che ci siano possibili sostanze tossiche.

Acque dure o leggere?

Le acque dure, ricche di calcio e magnesio, incrostano le caldaie (calcare), riducendo l’efficienza degli impianti, e tolgono efficacia a saponi e detersivi: perciò si usa addolcirle, togliendo calcio e magnesio. Ma per il corpo umano è diverso. Da 60 anni si è notata protezione dall’ictus con acque dure.

Analisi combinate delle ricerche disponibili mostrano effetti protettivi del magnesio delle acque dure su mortalità, malattie cardiovascolari e fratture di femore.

Dato il valore preventivo di acque ricche di sali minerali, soprattutto di magnesio, non è razionale ricorrere ad acque oligominerali o minimamente mineralizzate, che ne sono povere.

E le caraffe filtranti? Eliminano un po’ di nitrati e tracce di cloro e trialometani, ma danno più svantaggi: le resine a scambio ionico tolgono calcio e magnesio utili, e rilasciano sodio (per gli ipertesi non è un aiuto!); il carbone attivo consente la crescita di colonie batteriche e rilascia particelle; richiedono manutenzione mensile, producono rifiuti, fan costare l’acqua decine di volte di più (centinaia, se si vuole il gasatore!).

Se il problema dell’acqua di rubinetto è l’odore di cloro, sparirà tenendola in una brocca aperta per mezz’ora in frigo.

Ma per calcoli renali?

In questo caso ha senso bere di più, ma cosa? I calcoli sono in genere di ossalato (talora fosfato) di calcio, e si pensava di curarli con acque povere di calcio. Ma la ricerca ha dimostrato che i calcoli non si associano ad acque dure; per paradosso, ridurre il calcio alimentare aumenta nelle urine gli ossalati e i calcoli, che invece si riducono con un buon apporto di calcio alimentare (ma non di calcio da supplementi).

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