Quanto è importante l’ascolto nella malattia

DI PINA COLITTA

La strada di aprirsi e parlare liberamente porta sollievo in una situazione di malattia.

Tenersi dentro sensazioni, paure e altri sentimenti non è di aiuto perché infatti parlare liberamente spesso porta a scoprire che i pensieri sono comuni, oppure al contrario completamente opposti.

Spesso il modo migliore per comunicare con qualcuno è semplicemente ascoltare; questo è anche la miglior dimostrazione che si è presenti lì per il paziente e per sostenerlo durante tutto il percorso. Un paziente colpito da un “brutto male” non ha bisogno di elaborare pensieri e paure nei propri tempi e modi.

Ascoltare un paziente cosi malato non è facile per niente ed è spesso sorprendentemente difficile nonostante tutto l’impegno che ci possa essere. Un caro che è malato deve esprimere i suoi sentimenti, anche se quello che potrà dire è scomodo, duro e inaspettato.

Il solo conforto in questi momenti è proprio condividere il suo dire scomodo senza interromperlo né giudicarlo, ma ascoltando con gli occhi ed il corpo, non solo con le orecchie.

In queste situazioni in cui la comunicazione con il paziente e con altri membri della famiglia può essere difficile non si deve avere paura di chiedere consiglio al team medico che assiste il paziente…

Ed anche sdrammatizzare non è un atto di superficialità, anzi forse la miglior medicina. E, comunque già semplicemente essere presenti ed ascoltare, è utile.

Solo sensibilità è richiesta quando un nostro amato sente la necessità di esprimere il dolore, ed essere pronti, allo stesso modo, a ridere e sorridere con lui.

Persino le espressioni del corpo e del viso possono essere in grado di trasmettere sollievo ed empatia molto più delle parole, mantenendo il contatto visivo, ascoltando attentamente ed evitando distrazioni durante la conversazione. Non c’è migliore modo per ascoltare!

Condividere il silenzio è molto più utile che sprecare mille parole inutile e magare dirne solo una, cioè un grazie per ciò che è stato fatto da chi ora non può più…

Quando il paziente è un familiare, che si è prodigato per anni per la famiglia, se la malattia nel tempo ne ha limitato le forze, a volte è difficile notare le piccole cose e gli sforzi che il paziente ha compiuto, per essere ancora utile; è proprio qui che non si deve perdere occasione per ringraziarlo di quanto fatto e di quanto sta ancora facendo.

Spesso una parola, un gesto, è sufficiente a dare un senso alla giornata di un paziente! Trovare il tempo per portargli qualcosa da bere, qualcosa da leggere o semplicemente mostrare gratitudine e amore.

Esprimere amore non solo con le azioni ma anche manifestare i propri sentimenti a parole.

Durante la malattia, in quei giorni che possono essere migliori di altri, sarebbe utile cambiare i programmi all’ultimo momento, senza dover fare cose speciali, ma semplicemente trascorrere del tempo insieme.

A volte una persona malata dice di volere stare sola in modo da non preoccupare un proprio caro, ma altre volte necessita davvero di tempo da passare in solitudine e anche questo sentimento va accettato e rispettato.

E purtroppo a volte, tutto questo tempo a disposizione non si ha e nel caso di una diagnosi di cancro, soprattutto se in fase avanzata, si richiede di prendere numerose decisioni in un breve arco di tempo.

Decisioni tempestive, non solo relativamente al tipo di cura o trattamento, ma anche sulle informazioni da trasferire al paziente.

In ogni caso, almeno nella nostra cultura deve essere il paziente che rimane come soggetto responsabile delle proprie decisioni…

Infine in alcuni casi è il malato stesso a chiedere al coniuge, ai figli o ad altri cari di affrontare le decisioni da prendere.

Qualsiasi sia la situazione, le difficoltà sono numerose perché l’amore e l’affetto tra famigliari e amici spesso rende difficile valutare obiettivamente cosa sia meglio fare. A volte in una famiglia ci possono essere punti di vista diversi e idee diverse. Altre volte è lo stesso paziente a pensarla diversamente dai familiari così come il parere del team medico può differire da quello del paziente e dei familiari.

Sicuramente conoscere i desideri e le volontà del paziente può essere infine di grande aiuto se dovesse venire il momento di doversi fare carico delle decisioni quando il paziente non è più in grado di farlo.

L’aspetto più ingrato della malattia è quando sono coinvolti i bambini di tutte le età che potrebbero farsi e fare domande sulla morte, sulla vita dopo la morte e su cosa succede al corpo.

È importante rispondere a tutte le loro domande, perché in caso contrario possono lasciar correre la propria immaginazione e fare proprie risposte non corrette.

E’ importante far capire che tutto è fatto in funzione del benessere del paziente, ma anche che, nonostante la giovane età, verranno tenuti costantemente informati in modo adeguato.

Gli specialisti ritengono che sia giusto dire sempre loro la verità, anche nel caso di una situazione molto negativa soprattutto perché, nascondendo la realtà, li si lascia impreparati all’eventuale morte della persona amata, prolungando così il dolore e la sofferenza per la perdita. Mentire può inoltre comportare la progressiva perdita di fiducia, che si ripercuoterebbe anche nel futuro.

Bisogna farli sentire parte della famiglia, anche durante i momenti di crisi; questo permette di essere loro vicino, in modo naturale e con equilibrio, di guidarli in modo corretto nella comprensione e accettazione di quello che sta succedendo e fargli capire che in qualsiasi caso non saranno soli.

La malattia di un caro rispetto ad un bambino deve essere gestita e valutata dal paziente stesso e dai familiari; una qualsiasi visita in ospedale deve essere scelta dal bimbo stesso se ce la fa, se se la sente o meno; se il paziente si trova in ospedale, per esempio, è utile anticipare come sarà la stanza, chi potrebbe esserci e introdurre delicatamente eventuali cambiamenti fisici o caratteriali del familiare malato.

Per un bambino particolarmente giovane le parole dovrebbero essere di preparazione sottolineando che potrebbero vedere un loro caro, nonno, fratello, genitore, diverso e soprattutto trasformato fisicamente, con la voglia di dormire molto perché ha bisogno di riposo, ma la loro presenza è molto gradita.

Quando, invece i bambini non vogliono visitare il paziente o non possono per altri motivi; in questo caso ci sono altri modi per dimostrare il loro interesse, per esempio attraverso una lettera o un disegno, oppure con un messaggio vocale, una canzone o una telefonata.

È importante incoraggiarli a mostrare l’amore e il sostegno in qualsiasi modo loro preferiscano, senza mai forzare perché l’elaborazione del dolore nell’osservare la sofferenza è personale e cambia a seconda del carattere.

In ogni caso penso che poi dare consigli è assolutamente fuori luogo perché la salute è un bene insostituibile e nulla può compensarlo. Eppure mi viene in
mente un quesito: tenere compagnia ad una persona malata, stare vicino a qualcuno che necessita di un aiuto non forse potrebbe essere uno dei regali che meglio rispecchia il senso della cristianità?

Il tempo speso ad esprimere affetto verso qualcuno che soffre, scaldando il nostro cuore
non è forse un atto di amore? E qui nasce spontanea un’altra domanda:
E se le persone ammalate fossimo noi? Abbandonarsi al bene di noi attraverso il bene per l’altro non è forse una continua ricerca ad essere ottimisti per il futuro?

Resta comunque un momento difficile? Ovviamente si!

“Curare significa manifestare interessamento solerte e premuroso, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività, verso qualcuno o qualcosa; significa guardare con attenzione a colui che ha bisogno di cura senza pensare ad altro; significa accettare di dare o di ricevere la cura. Mi viene in mente l’immagine della mamma che cura il suo figlio malato, con totale dedizione, considerando come proprio il dolore di suo figlio. Lei non guarda mai l’orologio, non si lamenta mai di non aver dormito tutta la notte, non desidera altro che vederlo guarito, costi quello che costi.”
Papa Francesco

Immagine tratta da Pixabay

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