Quel punto chiamato resilienza

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Una mattina leggevo in un racconto che i piatti si riempivano e svuotavano nel lavello come la luna al suo passaggio ora piena, ora sgonfia.

A me sembra a volte che lo scorrere dei giorni sia cosi’; un secchiaio sempre lucidamente perfetto a furia di svuotarlo e illuminarlo di detersivo, un lasciare tutto a posto a fine giornata, tutto fuorche’ me stessa, inquieta, intenta a tenermi in equilibrio sul filo.

Ma poi c’è anche questa cosa, anzi questo essere dotato di istintiva volontà di sopravvivenza che sta rodendo l’ intero pianeta.
Bisogna trovare il punto di sutura tra la storia personale e la macro storia.

E non è sempre facile.
Potrebbe essere che la bilancia penda da una parte, allora devi riaggiustare il passo.

Chiara, l’amica della preadolescenza, questa mattina al mio dire del non sempre facile vivere quotidiano, tra fantasmi che riappaiono e le antiche inquietudini che ogni tanto riemergono, mi scrive che, per come mi conosce, non mi farò certo prevaricare da forze oscure.

Allora rifletto sull’ improvviso alzarsi di un vento buono, il punto di resilienza, con cui ho attraversato fino a qui l’esistenza; è depositato nell’intimo di molte donne e al momento opportuno riemerge e narra i mille volti delle vite che attraversiamo, con coraggio.

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