Registrare una chiamata vocale: quando è lecito e quando invece è reato

POSSO REGISTRARE UNA CHIAMATA?
Oramai i nostri dispositivi elettronici (smartphone “in primis”) sono in grado di effettuare le più disparate operazioni, tra cui, appunto, quella di registrare una conversazione telefonica, tramite l’utilizzo, spesso, di un’applicazione “ad hoc”.
Il dubbio sorge però spontaneo: è possibile registrare una chiamata vocale? Vado incontro a sanzioni di qualsivoglia tipo? La risposta, come sempre, quando si parla di diritto, è: “dipende”!

La Suprema Corte è intervenuta in merito. Nello specifico, la Cassazione (Cass. sent. n. 16886/2007; Cass. sent. del 22.04.1992) si è espressa sulla possibilità di registrare una conversazione tra presenti, affermando che questa è possibile e quindi lecita, a condizione che la stessa non avvenga in un luogo di privata dimora altrui e che ad essa partecipi anche il soggetto che ha intenzione di registrare.
Tali considerazioni sono perfettamente applicabili anche nel caso di registrazioni di chiamate vocali, nonché di videochiamate.
In altre parole, qualora il nostro intento fosse quello di registrare un discorso a cui noi stessi prendiamo parte (purché non ci troviamo in una dimora altrui), potremmo farlo liberamente, anche senza che il nostro interlocutore ne sia al corrente.
La motivazione che fornisce la Corte è molto semplice: registrare una conversazione equivale semplicemente a memorizzare elettronicamente quanto già captato e interiorizzato dal nostro cervello.
Non è lecito, invece, come intuibile, utilizzare microspie o qualsiasi altra strumentazione idonea a captare una conversazione alla quale non si partecipa e in cui non si è presenti, sussistendo, in tale circostanza, una illecita interferenza nell’altrui privacy e nella segretezza della corrispondenza, tutelata a livello costituzionale (art. 15 Cost.).
Tale ipotesi, infatti, configurerebbe il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico, di cui all’art. 615 ter c.p. che punisce Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo”.
Naturalmente, in presenza di indagini preliminari a carico di un indagato, le intercettazioni, disposte dal Pubblico Ministero, nei limiti indicati dalla normativa di riferimento, saranno perfettamente lecite.
Ma cosa è possibile fare con la conversazione lecitamente registrata?
“Nulla quaestio” nel caso in cui essa dovesse essere utilizzata per far valere dei propri diritti in sede giudiziaria, non essendoci, in tal caso, alcuna limitazione (purché l’uso sia strettamente funzionale alla tutela giudiziaria). In sostanza, una conversazione registrata (es. minacce da parte di uno stalker) può essere prodotta validamente in giudizio e potrà essere valutata dal Giudice come prova.
Quello che non è assolutamente possibile fare, invece, è divulgare o rendere pubblica (es. sui social) una conversazione avuta con altri ignari interlocutori, anche se legittimamente registrata, perché si rientrerebbe nella casistica di cui all’art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata altrui).
Riferimenti normativi: Cass. sent. n. 16886/2007; C. App. Milano, sent. n. 1242/2011, Cass. sent. Del 22.04.1992; art. 615 bis e 615 ter c.p.
Da  l’Angolo del Diritto Penale
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