Ricordando il Giudice Imposimato, un gigante della legalità

di Flora Crosara

Era una giornata d’estate. Di quelle calde, in un 28 agosto di molti anni fa, infuocato dentro e fuori. Viaggiavo in treno con mia sorella e mio marito dal Piemonte, verso Roma. Appuntamento per il giorno successivo a Piazza S.S. Apostoli.
Obiettivo: partecipare alla manifestazione del personale della scuola: docenti e ATA ormai conosciuti nel web, in TV e sulle principali testate giornalistiche come i “quota96”.

Vittime della legge Fornero sui pensionamenti, avevamo subito la violazione di un diritto sacrosanto e ci vedevamo costretti a rimanere al lavoro fino al raggiungimento dei requisiti previsti dalla nuova normativa: significava per noi restare in servizio tra i 3 e 5 anni in più. Non una cosuccia da nulla, data la nostra non più verde età, 60 anni, e lo stato psicologico violato. Stanchi, esausti, delusi e pieni di rabbia portavamo avanti la nostra lotta guidati da Chiara che, a capo di un gruppo neonato ma già fortissimo, lottava per dare visibilità alla nostra questione, al sopruso subito, al silenzio della politica per nulla intenzionata a correggere con un piccolo emendamento l’evidente, macroscopico errore.
La chiusura del periodo lavorativo per noi dipendenti della scuola, non poteva essere considerata a fine anno solare, avendo noi una scadenza al 31 agosto, con inizio del nuovo anno scolastico al 1 settembre. Eppure pareva che il nostro sacrificio avrebbe salvato l’economia italiana. Meno di quattromila lavoratori avrebbero salvato l’economia: c’è di che ridere, ancora oggi!
Avvocati, ricorsi, percorsi tutti i gradi di giudizio fino alla Corte Costituzionale: non servirono a nulla. L’emendamento, approvato alla Camera, fu cancellato prima di giungere al Senato per l’approvazione definitiva. Qualcuno di noi rischiò anche danni seri alla salute. Ma fa troppo male ricordare, voglio voltar pagina.
Di quella giornata d’agosto ricordo invece molte cose belle: emozioni, volti, parole e abbracci, espressioni e sentimenti, la conoscenza in presenza di persone giunte da ogni regione italiana che prima avevo solo incontrato nel web ed che erano diventate amiche, accomunate da un destino infausto. Mi sovviene il forte clima di condivisione per un problema che pareva non trovare soluzione.
E poi una Persona fra tutte: una di quelle con P maiuscola.
Lo vidi arrivare accanto a Chiara. Era avanti negli anni, camminava con passo incerto ma fiero nel procedere e non aveva rinunciato a venire in piazza, con noi. Battagliero, guerriero indomito nonostante gli anni: schierato a favore della legalità, come sempre.
Era il giudice Ferdinando Imposimato di cui tanto avevo letto e ascoltato. Classe ’36… aveva superato gli ottant’anni. Elegante nel portamento se pur nella sua grande semplicità, a tradire l’importanza del suo ruolo e dei titoli accademici che portava in sé, con sé.
Avvocato, magistrato, politico e Presidente onorario aggiunto della Corte Suprema di Cassazione era conosciuto al Paese per essersi occupato della lotta contro le cosche mafiose, come Giudice Istruttore dei più importanti casi di terrorismo.
Opportunamente contattato dai vertici del nostro gruppo, aveva accettato di interessarsi alla nostra causa, ne aveva sancito la legittimità.
E in quel pomeriggio assolato era là, su un piccolo palco, di fronte a noi, a combattere con noi per una causa che riteneva giusta e sacrosanta. Era là come sempre, negli ultimi anni, schierato a favore del sociale e della difesa dei diritti umani.
Lo vedo ancora: con il vigore e la veemenza propria di un giovane appassionato di legalità. Era giovane nello spirito, il nostro Giudice!
Un grande onore, un grande insegnamento.
Per questo non posso dimenticarlo e ieri, 2 gennaio, a tre anni dalla scomparsa, mi piace ricordarlo e ringraziarlo…ovunque Egli sia.
L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi e persone sul palco

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