Scuola. Finite le elezioni RSU, i sindacati firmino il contratto scaduto e aprano la contrattazione sul nuovo 2022/2024

di Salvatore Salerno

SCUOLA. AVETE CHIUSO IL RITO DELLE ELEZIONI RSU, ADESSO FIRMATE IL CONTRATTO SCADUTO E APRITE LA CONTRATTAZIONE SUL NUOVO 2022/2024.
Non siamo contro i sindacati che svolgono e dovrebbero svolgere meglio una funzione insostituibile per la tutela del lavoro ma siamo contro le RSU parcellizzate in ogni scuola che finiscono ad essere colluse o inutili. Abolirle e farne un presidio sindacale territoriale autorevole dove nessun ds o dsga possa metterci naso sarebbe cosa giusta ma se ne dovrà parlare per la prossima volta. Non volendo interferire su queste elezioni abbiamo scelto di pubblicare subito dopo l’esito delle elezioni RSU aspettandoci i soliti trionfalismi su di una partecipazione senza anima politica e sindacale.

Non siamo contro i sindacati ma siamo contro molti dei dirigenti nazionali che per effetto di questo rito delle elezioni RSU, dopo un’evidente sconfitta per un aumento decente degli stipendi di docenti e personale amministrativo, si permettono di perdere ancora tempo.
Messi i puntini sulle “i” altrimenti viene facile la solita accusa di lesa maestà al sindacato che non ha mai colpa, che i responsabili sono i politici, il governo, i docenti che non li ascoltano, non scioperano e via di seguito, andiamo avanti.
Sindacati senza mai un’autocritica, più che evidente la loro iniziale impostazione sbagliata del rinnovo contrattuale già nel 2019 delle tre cifre lorde intendendo 100 euro.
Chi non ricorda, già da Bussetti, poi Fioramonti, la Azzolina e Bianchi le dichiarazioni delle tre cifre con sindacati plaudenti senza replicare sulla natura di queste tre cifre e su quello che non si scrive mai e cioè che sono lordi.
Ebbene adesso hanno consapevolmente ritardato una firma sul rinnovo del contratto di lavoro per la parte economica, tanto da andare oltre il triennio 2019/2021 pur essendo in presenza di risorse certe e già definite, appunto i 100 o 107 euro lordi, oltre le quali non sarà aggiunto un solo euro sul passato.
C’è soltanto da ripartirli secondo i criteri del precedente contratto 2016/2018 perché non c’è più tempo per rimettere in discussione anche quei criteri e ce ne sarebbe per farlo su fasce e progressione di carriera, forbice larga con il primo scatto dopo otto anni, disparità senza senso fra docenti infanzia e superiori con uguale laurea, abilitazione e sofferenza…
Non c’è più tempo di affrontare una parte normativa diversa quando si consumano atti unilaterali del Ministero che diventano norme e leggi, quando si firmano contratti collettivi integrativi da parte di un solo sindacato che rappresenta solo un quarto degli iscritti com’è accaduto sulla mobilità sempre negata e sul vincolo riproposto come prima, quando un Ministro e i suoi alti funzionari non ascoltano docenti e precari su nulla a proposito di reclutamento, quando si vuole solo correre come la gatta che fa i figli ciechi lasciando macerie per salvare la propaganda di un Ministro che parla ogni giorno in libertà per nascondere la sua efficienza e non spendere soldi nella scuola pubblica.
E’ tempo invece di mettere tutto insieme, parte economica, normativa e aprire il rinnovo triennale 2022/2024 con la prima rivendicazione immediata che è la ridicola storia dell’indennità di vacanza contrattuale.
Per la prima volta ci si troverà ad avere da gennaio 2022 una doppia indennità di vacanza contrattuale, quella dei tempi di inflazione zero o modesta, almeno nei dati Istat, del triennio precedente e quella del nuovo triennio 2022/2024 calcolata allo stesso modo mentre l’inflazione reale è almeno al 7% (cioè sei punti in più del dato ufficiale applicato a quell’indennità e continuamente in crescita).
In soldoni lo Stato riconoscerà senza vergogna l’indennità di vacanza contrattuale da gennaio 2022 di qualche euro al netto mentre il solo 7% tendenziale dovrebbe corrispondere al 7% medio degli stipendi, una somma che porterebbe da sola a 100 euro netti mensili subito, oltre quei 50 netti in media del contratto scaduto.
Tre anni e quattro mesi sono passati invano con la storiella delle tre cifre, 40/70 euro netti in media per docenti e Ata fermi nelle casse del Ministero dell’economia e accumulati con fatica per tre anni, 2019, 2020 e 2021, cancellato l’anno 2013 utile per lo scatto di progressione economica di anzianità, scaglioni che si raggiungono un anno dopo anche ai fini pensionistici se si fa in tempo.
Tutti i governi precedenti e anche questo sono ben lieti di non scucire un euro per gli aumenti stipendiali portando alle lunghe una presunta contrattazione ma la parte sindacale perché favorisce questo gioco?
Finite le elezioni RSU si firmi il contratto scaduto per la parte economica e il giorno dopo si riapra la vertenza su stipendi e inflazione cercando di recuperare quello che non si è stati capaci di fare prima.
Intanto si permetta la corresponsione di arretrati e la rimodulazione degli stipendi sui tre miliardi di euro e rotti disponibili, il latte versato su ogni ulteriore aumento deciso da forze politiche, governo e Parlamento non è più recuperabile con il contratto scaduto.
È più dignitoso archiviare quella pagina e riaprirne un’altra ex novo.
Una nuova di svolta sulle tre cifre che però comincino da trecento euro mensili in più e su come proseguire per arrivarci, a regime, nel 2024 con inflazione reale subito anziché l’umiliante indennità di vacanza contrattuale che il governo corrisponderà da gennaio 2022, meno di 10 euro in media.
Quei 300 euro sono la distanza che separa un dipendente della pubblica amministrazione con uguale titolo di accesso, la laurea per l’insegnamento, rispetto agli insegnanti di ogni ordine e grado.
Non va proseguita una contrattazione perdente durata troppo tempo e giunta oltre la scadenza.
Certamente non dilazionata ancora aggiungendo qualche decina di euro in più netti oggi e fermarsi alle chiacchiere per altri tre anni e passa com’è già avvenuto dal primo gennaio 2019 e fino ad oggi.
Sarebbe la soluzione peggiore per riparlare fino alle calende greche di riconoscimento sociale ed economico di docenti e ata, pochi euro in più non servono più a nulla se l’attuale situazione si dovesse protrarre poi fino al 2024, un contratto triennale che diventerebbe pluriennale senza soluzione di continuità dal 2019 al 2024.
Cisl, Cgil, Uil, Snals, Gilda, Anief (i soli abilitati a firmare un rinnovo contrattuale nazionale), dopo l’autoesaltazione di oggi sulle RSU, si affrettino a firmare la parte economica e si interroghino su come si dovrebbe fare a condurre una nuova battaglia sul rinnovo 2022/2024.

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