Storie di amiche e di amicizia (parte seconda)

DI DANIELA LUCCHESI

“Sei sempre la solita sciocca. Vedi di contenerti stasera.” ribatte Claudia.
“A quanto pare stai facendo carriera” afferma Elena gettando un’occhiata all’abito Armani verde militare di Renata, ai capelli ramati tagliati a spazzola e al fisico modellato dall’abitudine quotidiana alla palestra.
“Già, sono finiti i tempi in cui sgobbavo dietro le quinte, finalmente il capo si è accorto di quanto io sia capace, affidabile e intelligente, modestamente parlando…”

“Ragazze non potrò fermarmi molto – esordisce Samuela – ho la piccola con 38 di febbre, temo si sia presa la scarlattina, l’asilo in questo periodo sembra un lazzaretto. Tengo le dita incrociate perché non se la becchino anche le altre due.”
Irene teme una serata in cui si parlerà solo di poppate, di malattie infantili e di problemi scolastici delle figlie più grandi, ma è decisa a godersi la cena. Si abbandona sulla sedia dallo schienale alto foderato di raso, il vino rosé si diffonde dolcemente nel palato lasciando una lieve nota amara come retrogusto e un leggero frizzantino nelle narici.

Ascolta distrattamente le voci delle amiche che parlano di asili nido.
Il cameriere porge i menu, con un’occhiata esperta passa in rassegna le donne e si attarda su Claudia. Irene segue la traiettoria di quello sguardo e invidia l’eleganza innata dell’amica: slanciata, capelli castani foltissimi che le scendono in morbidi riccioli sulle spalle, occhi a mandorla dalle ciglia lunghe, jeans Moschino aderenti, tacchi alti, maglietta di strass nera attillata.
“Renata ma quanto sei dimagrita.” esclama Samuela.
“Hai notato? La palestra fa miracoli, anche perché il mio personal trainer, per di più strafigo, non mi molla un istante.”
“Strafigo? E si è preso una cotta per te?”
“Ma va là Irene, semplicemente lo pago con il mio abbonamento mensile e lo pago profumatamente, mia cara.”

“Ci vorrebbe anche a me la palestra con personal trainer ma, vi giuro che, con il lavoro in ufficio e tre figlie piccole, è un lusso perfino andare in bagno e poi mi piace troppo mangiare.” sospira Samuela mentre addenta con soddisfazione un croccante cavolfiore pastellato.
Irene sorride, vedere mangiare Samuela le ha sempre messo buon umore, le piacciono la sua allegria e la sua semplicità raffinata.
“Non vedo l’ora che crescano, così anch’io potrò concedermi la palestra e la carriera.”
“Eh cara mia non credere sia facile, io ho dovuto vedermela con un dirigente stolto e pure maschilista, pensa che dopo la maternità ha avuto la sfacciataggine di propormi il part-time! Figurati, sono tornata al lavoro quando Chiara aveva tre mesi, le ho tolto il latte e l’ho messa al nido, ma almeno così ho salvato la carriera.” Renata getta uno sguardo poco convinto a Samuela come se dubitasse della sua grinta nel lavoro.

“Menomale che nella scuola pubblica non ti fanno pesare le gravidanze! – dice Claudia- Invece io per mantenermi in forma vado spesso a sciare. Marco quest’anno ha deciso di fare la stagione a Cortina, e devo confessarvi che nemmeno il mio maestro di sci non è affatto male. Anche se io non tradirei mai Marco, ovviamente”.
“E se lui tradisse te?”
“Nooo Irene, ma che dici! Sì, le guarda le altre, ma non credo proprio che…” per un istante Claudia rimane a bocca aperta, alla ricerca delle parole che le sfuggono.

Irene la osserva, ha un aspetto impeccabile eppure il volto è contratto, rigido, grigio.
“Ehi Claudia, come stai? Tutto bene?” s’informa Irene.
“Certo che va tutto bene, va tutto a gonfie vele” e nei suoi occhi castani passa un’ombra di malinconia mentre li socchiude, ma quando li riapre sono di nuovo impenetrabili.
Lo sguardo di Irene galleggia sulla maglia di Claudia, ipnotizzato dal luccichio intenso e vibrante delle paiettes nere, ora intensamente illuminate, ora buie come un buco nero, minuscole perline che sembrano liquefarsi sotto i suoi occhi, per un istante le pare che si allontanino aprendo degli squarci nel tessuto.
E’ una sottile breccia ma sono riuscita ad entrare nel tessuto che avvolge i nostri fragili sogni esistenziali…. se dovessi disegnare Claudia, non avrei dubbi. La vedo mentre cammina spedita su un lago ghiacciato.

A tratti il ghiaccio s’incrina appena sotto i suoi passi, si potrebbe spezzare… ma lei scaccia il pensiero inopportuno e affretta il passo. Sorride, gli angoli della bocca sono tesi, lei si sforza di tirarli su e sul suo volto si disegna un sorriso ambiguo come quello di un clown… Ecco l’immagine che mi ci voleva per il libro! Solo che un clown dall’espressione inquietante non è indicato in un libro per l’infanzia. Il mio lavoro è fermo, forse dovrei smetterla di illustrare libri per bambini, non in questo periodo almeno.
“Ah, non vi ho detto che stiamo comprando un attico, 200 metri quadri ristrutturati alla perfezione. E’ stato un affare, Marco mi ha chiamato al lavoro chiedendomi di andare a firmare il contratto. Pensa, non l’ho neppure vista la casa, ma mi sono fidata: una favola, in pieno centro storico, con vista sulla piazza. Marco ha fiuto per gli affari.”
Ma all’improvviso il ghiaccio si spezza…. Vedo il cameriere che deposita un vassoio di crostini, mentre con la coda dell’occhio guarda Claudia, lei posa il tovagliolo sulla tavola, si alza e si dirige con passo calmo e sicuro ai bagni. Prima di entrare si volta e lo squadra con i suoi occhi felini.

Lui la segue nella toilette femminile, chiude la porta e vi appoggia la schiena. Claudia gli afferra il colletto della camicia e avvicina la sua bocca, lo bacia, un bacio famelico, le unghie affondano nella nuca e poi tutto avviene velocemente, lui le slaccia i jeans, lei si gira di schiena, le mani al muro, lui entra mentre un piacere stravagante e sconosciuto la travolge”.
Magari riuscisse a perdere così il controllo Claudia… E forse io ho sbagliato mestiere, avrei dovuto scrivere, avrei guadagnato di più con le storielle hard…

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