Un volo spezzato

DI FABIO BORLENGHI

 

Il 22 febbraio scorso su una panchina lungo un sentiero all’interno del Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili (Lazio) è rinvenuta, da alcuni guardiaparco, la carcassa di un’Aquila reale adulta, probabilmente femmina.

Il conseguente esame necroscopico accerterà la presenza di numerosi pallini da caccia presenti nelle ali e negli artigli. Lo stato di conservazione della carcassa riporterebbe la datazione della morte dell’aquila ad almeno quattro mesi prima del ritrovamento.

Che dire?!: la mamma dei criminali è sempre incinta!
Il fatto che la rosa dei pallini abbia preso gli artigli dimostra che l’aquila è stata sparata dal basso, forse durante una battuta di caccia, magari per opera di qualcuno che se ne stava appostato da qualche parte aspettando colombacci o altri uccelli e s’è visto d’improvviso questo grande rapace volargli sulla verticale.

In quel preciso momento è scattato nel soggetto un ‘qualcosa’ frutto d’ignoranza, maleducazione, odio per la protezione dell’ambiente, senso di onnipotenza e, perché no, una certa dose di cattiveria tanto da portarlo a premere il grilletto.

L’aquila, raggiunta dalla rosa dei pallini, avrà cercato, d’istinto, di allontanarsi il più possibile da quel posto maledetto volando via per quanto le era possibile, perdendo quota fino a posarsi da qualche parte magari per terra in mezzo a degli arbusti che le garantivano un temporaneo ricovero sicuro.

Nei giorni seguenti l’aquila sofferente avrà cercato di barcamenarsi come poteva, volando qua’ e là limitata nei movimenti delle ali, ogni tanto posandosi su qualche ramo d’albero in attesa che qualche ratto le passasse sotto gli occhi, fino a che, debilitata nel fisico, una notte più fredda delle altre avrà posto fine alla sua vita sfortunata.

Un escursionista potrebbe averla trovata nell’erba di una radura, presa con sé e poi appoggiata su quella panchina dove transitano i guardiaparco. Questa come possibile ricostruzione dei fatti.

Qualcuno ha visto nel ritrovamento sulla panchina all’interno del parco un atto di sfregio verso l’area protetta, ipotesi possibile ma poco probabile, dato l’avanzato stato del reperto.

Se invece, appoggiato il fucile sul prato, il soggetto avesse deciso di passare qualche minuto della sua vita, probabilmente opaca, a godersi il volo di quell’aquila reale messagli a disposizione da madre natura, forse avrebbe colto ciò che il fucile non gli avrebbe mai consentito di cogliere: il valore della bellezza di un’aquila in volo.
Ma tant’è…!

Atti di bracconaggio come questo, quando vengono alla luce, corrispondono alla punta di un iceberg. Una punta comunque di dimensioni vastissime se si tiene conto del bracconaggio nel suo insieme, in particolare quello organizzato e nella maggior parte dei casi perpetrato a scopo di lucro.

Spiace e deprime l’idea che i responsabili di tali crimini rimangano quasi sempre impuniti. In termini di legge l’abbattimento di un’aquila reale come quello descritto rappresenta una violazione dell’art.30 della legge 157/92 con previsto l’arresto da tre mesi o un anno o l’ammenda da lire 1.800.000 (930€) a lire 4.000.000 (2.066€) e allo stesso tempo il reato ricade nell’art. 544 bis del Codice Penale riguardante l’uccisione di animali, articolo che recita: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

Recentemente Legambiente ha prodotto un rapporto sul bracconaggio riportando una serie di dati che mettono i brividi:
“Dall’anno 2009 al 2020, anni a cui si riferiscono i dati analizzati ricevuti, le Forze di Polizia hanno accertato, per difetto, oltre 35.500 illeciti, ben 2.960 ogni anno, con una media di quasi 250 illeciti riscontrati ogni mese, che hanno portato alla denuncia di oltre 21.600 persone, poco più di 1.800 ogni anno, più di 150 ogni mese, con oltre 21.900 sequestri, oltre 1.800 ogni anno, circa 150 al mese, e all’arresto di 175 persone, 15 ogni anno, 1 ogni mese”.

E a seguire:
“Soltanto queste tipologie di illeciti contro la fauna selvatica permettono di stimare un giro di affari annuale in Italia che oscilla tra i 200 e i 320 milioni di euro di affari sulla pelle degli animali selvatici”.
Un quadro sconcertante, tanto più se si considera che a questi atti illeciti riportati si aggiungono quelli sconosciuti impuniti.

Mentre scrivo in Ucraina si spara e si uccide per affermare un potere con la forza su un popolo che non ha colpe, se non quella di vivere sotto una bandiera che qualcuno disconosce.

Anche l’aquila che volava libera quella mattina su quella cresta montana non aveva colpe…ma pieno e sacrosanto diritto a vivere sotto i colori della sua bandiera che sono quelli di madre natura.

© ® Foto di Laura Confaloni

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