Una folle vacanza

DI GIOVANNI BOGANI

 

In quella vacanza folle, l’ultimo spicchio di estate del 1980, o forse del 1981, della vita dovevo ancora imparare tutto. Arrivai a Marsiglia di sera, andai al Porto vecchio, camminavo da solo. Cercai una cabina telefonica per chiamarti.

Era sera, forse le nove di sera. Il crepuscolo diventava notte. Entro nella cabina, cerco i gettoni. Un uomo mi dice qualcosa, da fuori. “Secartié spabòn”. Io non lo so il francese. Nemmeno una parola.

Come ho pensato di andare in Francia senza sapere una parola di francese, da solo? Pensavo che tutti parlassero inglese, che tutti parlassero italiano? Che cosa pensavo, nella mia infinita incoscienza?

Guardo l’uomo. “Secartié! Spabòn!” mi grida ancora. Capisco solo “Cartier”. Vorrà mica vendermi un orologio?

Alla fine entra nella cabina. Mi afferra una spalla, tira fuori un coltello, un coltello a serramanico, e in un attimo ce l’ho puntato alla gola.

“Ce – cartier – ce – n’est pas – bon! Compris?”. Non ho neanche il tempo di avere davvero paura. Ho avuto un coltello a un millimetro dalla mia gola, e non ho avuto paura perché ero troppo stupito. E troppo stupido, ça va sans dire. L’uomo gira le spalle, e se ne va. La prima – e ultima – lezione di francese della mia vita l’ho avuta gratis.

E insomma, mamma, tu non potevi saperlo, o forse lo immaginavi, o forse era proprio quello che temevi ogni volta, ogni attimo. Non tutto andava liscio, in quei viaggi. L’ultimo giorno, il giorno del ritorno, non avevo una lira. E nemmeno un franco. E nemmeno nessun’altra moneta. Avevo solo i soldi per un biglietto di treno. Per Torino, dove sarei andato a trovare la ragazza con gli occhi di ametista. C’era da cambiare treno a Nizza.

Ero arrivato la sera alle nove, e il treno per l’Italia partiva l’indomani alle sei. Nove ore da aspettare. Avevo con me un panino con il paté. L’ultimo pasto. Lo centellinai per nove ore, per rimanere sveglio, seduto fuori dalla stazione di Nizza, perché da dentro i poliziotti mi avevano cacciato, dandomi dei calci per svegliarmi. Tutta la notte seduti per terra, ad aspettare ore che non passavano mai, a carezzare, a sfiorare un panino che non finiva mai.

Immagine tratta dal web

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