Una sera, nel porto di Amburgo

DI ANTONIO MARTONE

Non so perché mi sia tornato in mente proprio stasera. Forse perché, oggi pomeriggio, ho riascoltato un album di Udo Lindemberg: un mio grande amore musicale giovanile…

Mi sono ricordato di un pomeriggio d’estate di dieci anni fa quando, vagando per le immense strade e piazze di Amburgo, fra metropolitane e autobus presi a caso, mi ritrovai al porto.

Non avevo mai visto una realtà portuale tanto grande e complessa ma ciò che mi colpì fu il tratto urbano che portava al porto. A parte il colore rossastro dei palazzi, in quelle strade tanto grandi non c’era nessuno.

Sembrava una città fantasma: da lontano, si vedevano soltanto le sagome di immense navi da carico, immobili come relitti di superficie appartenenti ad un altro tempo. Come fossili immensi abbandonati sotto al sole.

Ogni tanto, spingevo lo sguardo verso l’orizzonte. Era sera ormai e, lontanissime da me, ma nello stesso tempo vicinissime, vi erano striature di nuvole rossastre che si posavano, quasi incoronandoli, su quei profili di navi che scorgevo all’orizzonte.

Rimasi a guardarle per qualche minuto. Durò solo un momento ma fu magnifico: vidi alcune di quelle nuvole assumere la forma di una bellissima donna con i capelli rossi, seduta su un trono, che suonava il violoncello.

Ogni volta che ci penso, mi ritrovo dentro la stessa emozione di quella sera. Posso dire soltanto che mi mancava il fiato: ero avvolto da una sensazione che mi inebriava e mi turbava nello stesso tempo. Occorrerebbe un libro intero per descriverla – e non basterebbe!

Perché è venuta a trovarmi stasera?

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