17 Agosto 1948, una data, un ricordo

DI TERESA TROPIANO

Era il 17 agosto 1948
In una masseria con trulli, in campagna, c.da Turchiano, viveva una famiglia di 8 persone: i miei nonni paterni e 6 figli piccoli. Quel 17 agosto accadde la disgrazia.

Un pomeriggio di caldo torrido, mio nonno Donato era nei campi a lavorare la terra con altri contadini.
Mio padre, Saverio, aveva solo 7 anni e lo affiancava nel duro lavoro. Dietro richiesta di suo padre corse a chiamare sua madre, mia nonna Teresa.

Il nonno aveva bisogno di bere,  ed anche gli operai. Compito della nonna era anche quello di procurare cibo e acqua ai lavoratori. Prese sulle spalle due enormi giare d’acqua e le trasportò fino al lontano terreno per raggiungere suo marito e farlo dissetare.

Le giare caddero in terra, frantumandosi in mille pezzi. La nonna Teresa cadde in terra e svenne; portava in grembo un bimbo (incinta di 9 mesi). Era giunto il momento del parto. Lo sforzo enorme causò la rottura delle acque.

Mio padre,era piccolo,  impietrito per lo spavento, sgusciò via a chiamare aiuto alle sorelle ed insieme si recarono a piedi a chiamare l’ostetrica.
A “mammére” abitava in collina, c.da S. Lucia e finché giunsero a destinazione fu buio. Non esistevano mezzi di trasporto se non i cavalli, i traini o le biciclette.

Intanto la nonna era esanime, in un letto di sangue, con la testa del bambino semiuscita dall’utero.
Dopo alcune ore arrivò l’ostetrica, tirò fuori il bambino…5 kg…non respirava. Era morto, soffocato.

L’emorragia continuava e la nonna fu portata in ospedale ove il giorno seguente salì al cielo. In pancia aveva un altro parto interrotto: un tumore. Aveva solo 36 anni ed una resilienza incredibile. Furono sepolti madre e figlio e i 6 figli continuarono la loro vita lavorando giorno e notte per mangiare un pezzetto di pane.

Il nonno si risposò ed ebbe altri 2 figli.
Mia nonna è morta come una partigiana, nel dopoguerra, lavorando fino all’ultimo respiro. Lavava i panni a mano e si occupava degli animali, mungeva le mucche, faceva il formaggio, il pane al forno a legna, cucinava, rammendava, accudiva i figli.

C’era amore ma c’era anche dolore, fame, sofferenza.
Io non l’ho mai conosciuta ma oggi so da chi provengo e ne sono fiera. Ringrazio mia zia Miana per avermi pregiato di questo racconto che oggi rendo pubblico.

 

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