Il silenzio misto alla notte, produce rugiada

DI ANTONIO MARTONE

Quando risiedo nella mia casa di campagna, mi piace uscire la sera tardi. A volte, faccio delle sortite anche di notte.
Mi allontano dalle strade transitate per inoltrarmi nei campi. Non fa differenza per me che ci sia un cielo stellato o nuvoloso.

Nel primo caso, mi riempie il cuore contemplare quell’enorme coperta di scuro punteggiato di stelle. Se è nuvoloso, invece, il movimento incessante delle coltri biancastre e vaporose fa da contrappunto alle lucine innumerevoli che scorgo sui monti in lontananza.

Paesi viventi e misteriosi: abitanti delle montagne e della mia fantasia. In ciascuno di essi vedo gente che gioisce e che soffre: umanità silenziosa in fervente rapporto d’amore con la vita.

Di solito, cammino a lungo. Mi inoltro per sentieri seminascosti ed entro nelle macchie degli ulivi più folte. Mi intrattengo a parlare con questi alberi meravigliosi e, palpando la loro corteccia, mi faccio dire dei loro anni e degli acciacchi dell’età.

Se incontro una vite caduta al suolo e inumidita dalla fanghiglia, la rialzo e ne favorisco l’abbraccio con l’ulivo: so bene, infatti, che la loro intesa è da sempre fortissima.

Difficile trovare in natura piante tanto diverse – come struttura, come frutto e come filosofia di vita – quale la vite e l’ulivo ma, nello stesso tempo, meglio capaci di stare insieme, integrandosi l’un l’altra.

In questi miei piccoli viaggi nella notte e nell’animo, non mi sento mai solo. L’emozione dominante è quella di una condizione prenatale: un enorme utero fra terra e cielo mi inebria e, una volta al suo interno, mi sento nutrito e protetto.

Quando torno a casa, non so più che ora sia. Mi metto a letto e dormo. Abitualmente, dormo bene…

Il silenzio misto alla notte produce rugiada.

Immagine tratta dal web

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