Achille Funi, ritratto di Umberto Notari

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Il pittore Achille Funi, il cui vero nome, definito a ragion veduta piuttosto impegnativo, Virgilio Socrate Funi, frequenta la scuola d’arte di Ferrara, sua città natale, per poi in seguito diplomarsi a Milano presso l’Accademia di Brera.

Una carriera costellata di continui cambiamenti, quella dell’artista ferrarese, tuttavia contrassegnata da una costante, indiscussa originalità che porta l’autore ad essere notevolmente apprezzato anche da illustri colleghi; tra gli altri, Umberto Boccioni, il quale gli riconoscerà la prestigiosa nonché suggestiva abilità di emozionare attraverso il colore.

Nel 1914 Funi aderisce effettivamente al movimento futurista, del quale condivide i principi fondamentali, tuttavia non potendo rinunciare ad una rielaborazione personale influenzata anche dall’interesse per le raffigurazioni di Cézanne rivisitate da Picasso.

In seguito, nel 1922, figura tra i fondatori del gruppo Novecento di Margherita Sarfatti, perseguendo il fascinoso intento di recuperare la tradizione classica alla luce delle nuove esperienze d’avanguardia.

In ossequio a tali principi, le sue opere finiscono per mostrare riferimenti culturali eclettici e differenti; in particolare, la singolare tendenza nel rappresentare forme e volumi, connota alcune sue scelte in senso metafisico.

Analizzando il percorso artistico dell’autore, è opportuno notare come nel periodo compreso tra gli anni 1920 e 1935, egli modifica in modo deciso il proprio modo di dipingere, tralasciando i dettami futuristi a favore di una plastica fissità, nel tentativo di un ritorno ai valori del passato, per quanto rivisitati attraverso nuovi equilibri compositivi.

Si tratta di un lasso di tempo molto particolare, consistente in quei quindici anni in cui l’arte italiana affronta una fase creativa davvero originale: il cosiddetto realismo magico. Un connubio tra arcaismo e ammodernamento, la cui ambigua atmosfera sconfina in ambito metafisico-realistico.

Molto bella la definizione dell’arte di Achille Funi da parte della critica d’arte e storica dell’arte Anna Maria Brizio, la quale la definisce cerebrale, ponendo l’accento su quel tono di ironico distacco che si manifesta, e sull’intelligenza relativa a tale sentimento.

Una eco surrealista determinata da insoliti accostamenti, considerato come uno dei lati migliori della sua pittura.
Nel 1921 Achille Funi ritrae Umberto Notari, raffigurato nel proprio studio milanese, in piazza Cavour.

Umberto Notari è un intellettuale e scrittore, politicamente attivo ed impegnato, tanto da ritrovarsi sovraesposto a causa di una serie di concause, più o meno fortuite, in grado di porlo ad una decisiva attenzione decisamente scomoda.

Di ritorno a Milano da Torino, dove si è appena recato per farsi pubblicare un libro ed ha ricevuto un rifiuto, incontra casualmente un sacerdote, il quale, ignorandone il contenuto ma colpito dalla storia del ragazzo dalle ambizioni frustrate, si adopera affinché lo stesso trovi consenso presso un editore milanese.

Peccato che il libro si intitoli Quelle signore, e tratti le vicende all’interno di una casa di tolleranza, descritte da Marchetta, prostituta protagonista della storia, altrimenti il prete, come fa giustamente notare Mario Mancini – autore dell’articolo, datato 15 settembre 2018, Umberto Notari, scrittore, innovatore e intellettuale impegnato – avrebbe cambiato argomento e forse anche treno.

Il romanzo, nonostante la tiratura limitata, non sfugge all’attenzione inquisitrice del moralista di turno, che si premura di denunciare il Notari per oltraggio al pudore, dopodiché il libro viene ritirato.

Tuttavia, a processo concluso, con l’autore assolto dall’accusa di oscenità, approfittando dell’inaspettata fama legata alla vicenda giudiziaria, Notari lo fa ristampare in più aggiungendo il resoconto del processo, procurandosi un’altra denuncia per aver reso di pubblico dominio una vicenda processuale svoltasi a porte chiuse.

Il clamore che ne deriva è inevitabile e fomenta lotte tra difesa della libertà di stampa e tutela della moralità, tanto che il dibattito arriva in parlamento accendendo un furibondo scontro tra destra e sinistra.

Notari, a questo punto, assurge ad una fama nazionale e diventa letteralmente il simbolo del progresso in contrasto con l’oscurantismo clericale.
A seguito di tali vicissitudini, il romanzo raggiungerà tali livelli di vendita da sovrastare sia I promessi sposi che il libro Cuore, oltre ad essere tradotto in varie lingue, e Notari riuscirà a creare una società per la pubblicazione delle sue opere.

Ne segue una vera e propria battaglia a sostegno della causa anticlericale, che una volta terminata la propria ragion d’essere, lascerà all’autore la possibilità di dedicarsi a quella editoriale: nel 1912 fonda L’istituto editoriale italiano, che divulga diverse collane di pregevole fattura, tra cui la biblioteca dei classici sia italiani che latini…

Achille Funi 1890 – 1972
Umberto Notari nello studio di piazza Cavour a Milano (1921)
Olio su tela (misure sconosciute)
Collezione Privata

 

 

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