Siamo davvero sicuri di capire la paura? Quando l’acqua e il fango ti portano via tutto: la casa, il lavoro, la vita!.. Non c’è altro da fare che ripartire da dove ti trovi e le parole non servono!.
Non contano. Fanno solo male. Male sul male … Vuoto sul vuoto. Niente sul niente !. Allora forse può di più il silenzio ?. Non lo so, ma credo che più che parlare occorra “LEGGERE”, gli occhi, i volti e la dignità delle persone.
Ciò che viene scritto e che può essere scritto, perché lo scritto resta. E ciò che resta aiuta a capire un po’ di più. A superare l’assurdo, quando sarà tempo di farlo. Perchè adesso ci si deve solo rimboccare le maniche.
Anche questa forse è paura. Paura di cambiare un andazzo che è sempre stato così. Paura di dire: Basta!, da oggi si cambia !. Paura di perdere quel po’ di surrogato benessere non conquistato con il proprio sudore, ma elargito da una società che prima t’insegnava a fumare per venderti le sigarette, poi ti ha insegnato a mangiare le fragole d’inverno, per venderti le serre riscaldate, ti ha insegnato a viaggiare rapidamente, per venderti le auto e fabbricare strade, autostrade, perforare montagne e storpiare paesaggi, e poi ti ha insegnato a far finta di comunicare attraverso i telefoni cellulari, gli smartphone, i tablet, i computers e a rimanere tutti soli nella propria “paura di comunicare veramente”, i propri dubbi, le proprie speranze, ma soprattutto di TIRARE FUORI il proprio desiderio di contribuire fattivamente ad un cambiamento che non può essere altro che epocale…
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