Entri in classe e sei sottoposto ad usura psicofisica, quanto pesa la storia familiare?

DI VITTORIO LODOLO D’ORIA

Prima di partire per un lungo viaggio in auto, dobbiamo controllare almeno tre cose basilari: la presenza di carburante, il livello dell’olio e la pressione delle gomme. Oggi è reso tutto più facile grazie all’esistenza di spie luminose, spesso abbinate a messaggi acustici, che ci avvisano quando qualcosa manca o non va, ma il check va fatto lo stesso.

Per l’insegnante è più o meno la stessa cosa quando si accinge a entrare in classe e a sottoporsi a quell’usura psicofisica che metterà a dura prova la tenuta del suo equilibrio nervoso. Assolutamente da controllare costantemente sono le tre dimensioni che determineranno in quote differenti il cosiddetto Stress-Lavoro-Correlato (SLC): lo stress lavorativo, quello extra-lavorativo (cioè la vita di relazione e gli eventi maggiori) e la storia familiare. La storia di Franco (nome di fantasia) si presta per opportune valutazioni riguardo alla comprensione di fenomeni, altrimenti inspiegabili e, soprattutto, per effettuare corrette ipotesi d’intervento.

Storia di Franco (insegnante delle superiori)

Sono sempre stato perseguitato da una certa debolezza nervosa e tendenza all’ansia e alla depressione nei momenti di stress personale e professionale. Mio padre era un grande depresso, che ha posto fine alla sua vita in tarda età durante la pensione (era ferroviere). Mia madre una persona con una storia personale abbastanza dura, anche lei tendete all’esaurimento nervoso quando ancora si chiamava così. Mia sorella ha sempre avuto enormi problemi di gestione dell’ansia che però adesso ha ben superato insegnando con successo alla scuola dell’infanzia.

Sono spesso stato limitato da questa mia caratteristica con periodi di scarsa energia ed inconcludenza, ma il mio rendimento scolastico è sempre stato inattaccabile. Fin da bambino ho sofferto di quello che oggi si chiama crisi di panico nei momenti più difficili, ma ho sempre superato le mie insicurezze. All’università ho avuto attacchi di panico con somatizzazioni gestite con l’aiuto di antidepressivi e di quella che ora è mia moglie.

Quando ho cominciato a insegnare alle medie ho avuto un momento di difficoltà ma, con l’aiuto dei colleghi, ho passato due anni accettabili anche grazie all’aiuto della famiglia che, nel frattempo, era cresciuta per la nascita di due bambini.

Dopo due anni, ho avuto il passaggio di ruolo alle superiori con soddisfazione personale in un istituto tecnico e con grave difficoltà al liceo. Qui ho avuto un crollo rapidissimo e violento: le classi del liceo completamente diverse dalle precedenti; il lockdown che ha impedito il confronto in presenza con i colleghi; la didattica a distanza; l’incarico di referente Covid. Incapace di gestire la didattica, stordito dalle cose che si succedevano velocemente, ormai in confusione e completamente dominato dall’ansia e dalla frustrazione, non ho potuto fare altro che prendere aspettativa per questo anno scolastico per provare a riprendermi.

Sono seguito da psichiatra della asl che mi ha prescritto cura farmacologica, nonostante questo ho avuto alcune crisi molto forti che mi hanno fatto temere un tso, non riesco quasi a dormire, vivo chiuso in casa per il fallimento e la vergogna. Provo a studiare in maniera ossessiva ed inconcludente, vorrei preparare lezioni e presentazioni ma non so dove cominciare, il pensiero torna alle difficoltà incontrate che mi sembrano insormontabili. I miei disordini autoimmuni sono esplosi portandomi a malesseri fisici evidenti, che tuttavia sono poca cosa rispetto al disagio mentale.

Passare a part-time? L’impossibilità di conseguire specializzazione su sostegno, cambiare scuola o essere assegnato ad altre mansioni dopo accertamento medico mi sembrano spade di Damocle di una realtà che ormai percepisco aggressiva e spaventosa. Non riesco più a fare sport, suonare o guardare un film riesco solo a fare attività di scarso impegno e mi costano comunque fatica, non voglio uscire di casa. Mia moglie mi ripete che un episodio non può cancellare anni di riconoscimenti di alunni, dirigenti scolastici e genitori. Mi sta dando tutto il supporto possibile e la comprensione per non farmi pesare le difficoltà del momento, ma io mi sento solo in un tunnel senza uscita.

Riflessioni sulle tre dimensioni

Storia familiare. Il background di Franco, come docente esposto ad alta usura psicofisica professionale, non è particolarmente fortunato: padre affetto da depressione maggiore, che commette un “gesto anticonservativo” in tarda età, e madre soggetta ad esaurimento nervoso. Insieme alla sorella, approdano al mondo dell’insegnamento con crisi d’ansia, alterne fortune e soddisfazioni, pur sempre soggette a fatiche acuite da cromosomi pesanti con geni che complicano ogni attività. Vedremo come tutta la vita di Franco, professionale e non, dovrà fare i conti col marchio di famiglia: ansia e depressione.

Attività professionale. L’insegnamento è purtroppo gravato dai ben noti stereotipi che lo vogliono come lavoro per nulla faticoso, limitato alle ore di docenza frontale e con ferie smisurate. Anche chi si accinge a intraprendere la professione non è consapevole della reale usura psicofisica cui va incontro: l’80% delle malattie professionali che determinano le inidoneità all’insegnamento presentano diagnosi psichiatrica. Questa condizione di assoluta ignoranza circa la condizione di salute professionale della categoria non consente a lavoratori come Franco e sua sorella di effettuare le giuste valutazioni sulla professione da intraprendere, alla luce della propria anamnesi familiare. L’anamnesi familiare positiva per patologie psichiatriche mal si concilia con l’insegnamento, proprio per l’alta usura psichica che la docenza comporta.

Vita familiare e di relazione. La fortuna di Franco è finora consistita nell’appoggio della sua famiglia, nella presenza dei figli affettuosi e nella continua assistenza/incoraggiamento della moglie. Tuttavia, il rapporto tra i due coniugi è sempre a rischio perché la donna – come farebbe chiunque – cerca comprensibilmente di razionalizzare i problemi (“Mia moglie mi ripete che un episodio non può cancellare anni di riconoscimenti di alunni, dirigenti scolastici e genitori. Mi sta dando tutto il supporto possibile e la comprensione per non farmi pesare le difficoltà del momento, ma io mi sento solo in un tunnel senza uscita) mentre la depressione non si manifesta necessariamente a seguito di eventi razionali e si presenta, ad esempio sotto le mentite spoglie di una subdola e ingravescente anedonia (Non riesco più a fare sport, suonare o guardare un film riesco solo a fare attività di scarso impegno e mi costano comunque fatica, non voglio uscire di casa).

Coping strategies. Se la debole impalcatura difensiva di Franco ha retto finora, il segreto va ricercato nella rete di relazioni che lo stesso ha intessuto. Innanzitutto con la moglie e la famiglia, ma anche con i colleghi cui è ricorso più volte con successo nell’arco della carriera lavorativa. Fondamentale anche il sostegno specialistico psichiatrico del medico di fiducia col quale trovare e aggiustare la terapia al momento opportuno: il curante – a differenza della moglie – sa che una crisi depressiva non ha per forza una base razionale. Franco poi – dopo un lungo e inutile periodo di aspettativa – si chiede se ha un senso scegliere il part-time, passare al sostegno o richiedere l’accertamento medico per ottenere le altre mansioni. Forse la terza ipotesi è quella che realmente sottrae il docente all’usura psicofisica, mentre le prime due forse addirittura aggraverebbero la situazione ledendo l’autostima. Una decisione da non assumere da soli ma con lo psichiatra e chi ci vive accanto, sapendo che la depressione si sconfigge quando si è amati e in buona compagnia.

In bocca al lupo Franco!

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da orizzontescuola

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