Hans Andersen Brendekilde, The rest

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Il pittore danese Hans Andersen, il quale in seguito aggiunge al proprio cognome la denominazione della propria località di nascita, pare per evitare problemi riguardo eventuali, all’epoca frequenti, omonimie, è di umile estrazione – la famiglia è di origini contadine – e ciò influisce notevolmente sia sulle tematiche scelte per le opere realizzate, sia sul genere trattato, tendenzialmente realista e legato a quella terra forte di un legame personale e tradizionale.

Lui stesso, almeno nella prima parte della propria esistenza, lavora come bracciante agricolo e come muratore, riuscendo tuttavia ad intraprendere gli studi di scultura presso Copenaghen.

Caratteristicamente ispirato dalla semplice, bucolica quotidianità, eleggerà propri ideali mentori Jean-François Millet e Jules Bastien-Lepage, dettaglio incisivo che lo accomuna all’amico collega Laurits Andersen Ring, con il quale collabora in modo proficuo e costante, entrambi beneficiando delle reciproche vicinanza e stima.

Interessato a sottolineare temi sociali, non rimane comunque immune alle nuove tendenze pittoriche dell’epoca: recepisce l’utilizzo del colore secondo la tecnica impressionista, talvolta ottenendo risultati tendenzialmente sentimentali, sporadicamente orientati ai limiti della stucchevolezza.

La possibilità di intraprendere viaggi, gli consente utili e frequenti missioni all’estero, per quanto verso la conclusione della propria esistenza modificherà il proprio repertorio in senso religioso- mistico.
Abile nella progettazione per la lavorazione di vetri e ceramiche, spesso si dedica anche alle cornici dei dipinti, che egli concepisce come parte integrante delle opere, estensione dell’opera d’arte.

Il riposo, al pari di paesaggio invernale, entrambi realizzati verso la fine dell’Ottocento, precedono Sentiero alberato in autunno, di qualche anno successivo, e seppur differenti risultano tranquillo esempio dei suggestivi paesaggi realizzati dall’autore, il quale concentra le rappresentazione delle opere, rispettivamente consistenti in un prismatico e luminoso bianco abbagliante, le prime due, ed in un profluvio di foglie cadute ed in procinto di cadere, la terza, quest’ultima approfittando di quel fiammeggiare di colori proprio di una stagione definibile, nelle parole di Henri de Toulouse-Lautrec, come ‘la primavera dell’inverno’.

Tuttavia, nel caso de Il riposo, dettaglio ripreso nella versione autunnale, egli non manca di corredare il contesto con presenze umane – tra l’incendiato fogliame, una elegante dama seduta sulla panchina, quasi un’intonata macchia nera, destinata a spezzare il ritmo di una luminosità più concentrata nel fulcro dell’immagine ed a sua volta rivelante altre due figure a proposito delle quali non è possibile affermare se si stiano allontanando o tendano ad avvicinarsi; quasi una versione leggera dell’urlo di Munch, in cui prevale una serena tranquillità al cospetto di una scena che qualche elemento differente potrebbe stravolgere completamente, fotografata nella quieta stasi di un Autumn in New York – scegliendo lo splendore unico, solitario e innevato, caratterizzato dall’ovattata quiete, ai limite dell’irreale, tipica dell’atmosfera invernale in pittura.

Piuttosto simile ai dipinti a tema di Monet – La gazza, Il calesse – condensa in una, solo apparente, monocromia, un coacervo di proposte luminose in grado, letteralmente, di giocare con effetti compositivi di rara maestria.

L’audace cristallizzazione del reticolato dei rami, glacialmente fissato in un’immagine di vetrosa stabilità, lentamente palesa un’imminente trasformazione in vena evolutiva, in cui la vegetazione discretamente si manifesta richiamandosi ad abiti e gesti dei protagonisti al centro.

I visibili elementi ‘artificiali’, che in altri dipinti del medesimo autore richiedono una sorta di sottaciuta testimonianza – fila di impronte attestanti qualcosa di esistente, comunque atte a non turbare la sacralità di una quiete impenetrabile e inviolabile – dichiarano quasi spavaldi la propria presenza.

Senza alcun timore di macchiare l’eterea composizione, al contrario firmandone una dichiarata narrazione, possibilmente foriera di romanzeschi incontri…

Hans Andersen Brendekilde (1857-1942), The rest, 1887, olio su tela, 70×91.5 cm., Collezione privata
Immagine: web

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità