Il Maestro del castello della Manta

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Quando troviamo l’appellativo Maestro di…, sappiamo già di ritrovarci al cospetto di un autore anonimo la cui principale opera finisce per determinare la denominazione acquisita dallo stesso.

In ossequio a tale pregevole attribuzione, generalmente di affreschi e simili, peraltro non di rado soggetta a fuorvianti duplicazioni. Queste ultime, ovviamente, destinate a cadere in ragione degli attribuiti riconoscimenti aggiornati, spesso perduranti nel tempo e difficoltosi da appurare.

Nel caso de il Maestro del Castello della Manta, come da evidente, specifica designazione, ci si riferisce all’autore di un ciclo di notevoli affreschi, la cui datazione può essere fatta risalire intorno all’inizio del 1400, presenti in un maniero medievale presso Saluzzo, in Piemonte, in provincia di Cuneo.

In un ipotetico giardino delle delizie – espressione iconografica tanto a cara al geniale Jeronimus Bosch – appaiono una serie di personaggi verosimilmente riferibili alla corte del marchesato della località in questione, secondo gusto e costume dell’epoca rappresentati in guisa di allegoriche figure richiamanti eroi sia maschili che femminili.

Ecco allora apparire Ettore, figlio di Priamo e Principe di Troia, e Goffredo di Buglione, rispettivamente Valerano di Saluzzo e Manfredo I.

Le donne, riconducibili ad alcune protagoniste della mitologia greca, sono: Sinope, Ippolita, Etiope, Lampeto e Pentesilea, oltre a Deipile, principessa di Argo, ed alle tre regine Semiramide, Tomiri e Teuca.

Sulla parete attigua è presente un’altra immagine, tendenzialmente riferita al medesimo autore, raffigurante un’antica e celebre leggenda medievale: la Fonte della Giovinezza.

Sorgente simbolo di vita eterna ed eterna gioventù, caratteristiche non sempre coincidenti – ne sapeva qualcosa Titono, mitico figlio del sovrano di Troia, il quale amato da Aurora, per intercessione di quest’ultima, ottenne la prima senza altrettanto beneficiare dell’altra, e ritrovandosi quindi sempre più malridotto, tanto da essere pietosamente mutato in cicala – appare nella mitologia classica come elemento, probabilmente sito nell’Eden, in grado di guarire i malanni e ringiovanire chi vi si accosta.

Una storia ripresa anche nei fumetti Disney, scritta e sceneggiata da Carl Barks, e pubblicata nel 1960 con il titolo di Zio Paperone e la Fonte della Giovinezza, in cui Nonna Papera racconta ai nipotini Qui, Quo e Qua la storia di un antenato, Don Papito Espadón, il quale, anni prima, avrebbe cercato invano la suddetta sorgente.

Paperino e i nipoti, allora, confermano di aver avuto a che fare davvero, tempo prima, con la Fonte della Giovinezza, e come zio Paperone, allora presente, si fosse rifiutato di acquistarla per il prezzo troppo alto.

Alle proteste di Nonna Papera ribatte lo stesso Paperone, il quale precisa, una volta tanto come la scriminante non fosse un prezzo economicamente eccessivo, ma un prezzo realmente ‘troppo alto’, in quanto per perfezionare l’acquisto sarebbe stato necessario attraversare a nuoto il corso d’acqua generato dalla fonte stessa, ed al solo immergersi, nonostante l’età avanzata, Paperone stesso sarebbe regredito ad uno stato neonatale.

Una storia letteralmente immortale in grado di tenere banco, con successo, dall’antichità ai giorni nostri…

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