La Dea della fecondità

DI ANTONIO MARTONE

 

Demetra è vecchia e malata e forse non ha più molto da vivere. Approfittando della sua condizione, Prometeo l’ha imprigionata in un labirinto posto sul piano più alto d’un immenso grattacielo.

Più ancora che per la sua prigionia, però, Demetra piange la lontananza della figlia Persefone che, da tempo, non torna più sulla terra.
La Dea della fecondità geme ogni giorno, lamentando la scomparsa della figlia. Demetra piange: impossibile però udire il suo lamento nel rumore altissimo della città e delle sue macchine.
La Dea della rinascita implora Ade di liberare la sua Persefore, permettendo così al mondo una nuova primavera. Il lamento di Demetra viaggia lontano e raggiunge con forza inaudita l’intimità delle nostre notti.
La Dea dei papaveri e del grano ci parla amorevolmente, ma le sue parole, in noi, diventano incubi e deliri. Le sue parole e le sue invocazioni sovrastano gli ansiolitici e gli antidepressivi e si mostrano più forti dei tanti narcotici che ingeriamo ogni giorno per sopravvivere.

Nel rovescio delle nostre giornate, Prometeo tace e la voce supplicante di Demetra non smette di rivolgersi alla nostra umanità, dimenticata ma non mai cancellata.

 

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